Posts in Fondare Chiese
Il motivo numero uno per cui fondiamo chiese

Fondiamo chiese per mettere in mostra Dio e la Sua ineguagliabile perfezione, grandezza e bellezza. Questo è il cuore pulsante della fondazione di chiese! Questo è quello che Paolo espone nella sua lettera alla chiesa di Efeso. In dodici versetti (1:6; 12; 14), Paolo ripete tre volte una frase: “a lode della Sua gloria”.

Perché quest’affermazione è il punto focale di questo brano? Perché è la motivazione principale che sta dietro alla fondazione di chiese? Ci sono tre argomentazioni convincenti:

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Ogni Chiesa sana ha i suoi problemi

Sono ormai più di vent’anni che frequento la chiesa. Non dimenticherò mai la mia prima esperienza in una vera chiesa che crede nella Bibbia, ripiena di Spirito e che canta gli inni della grazia. Fui sorpreso nel constatare che alle persone piaceva essere lì, rimasi senza parole nel notare che conoscevano le parole dei canti, e fui sbalordito quando venni a sapere che parlavano della loro fede anche quando non erano in chiesa. Vedevo mariti e mogli pieni di attenzioni reciproche, bambini rispettosi, e studenti universitari sobri. Tutto ciò ebbe un enorme impatto nella mia vita. Ero entusiasta della chiesa.

Vent’anni dopo, posso dire di aver sperimentato anche i dispiaceri dell’appartenere alla chiesa. Ho sperimentato il dolore di finire negli ingranaggi della politica ecclesiale, ho visto leader escludere i membri dalle decisioni, ho sentito amici pronunciare parole pesanti, ho visto membri di chiesa rovinare le loro vite nel peccato, e ho partecipato ad assemblee di chiesa che sembravano quasi una puntata di “Forum” (Jerry Springer).

La chiesa non è stata sempre un’esperienza piacevole. Nonostante abbia visto molte persone mollare la chiesa e allontanarsi da essa, amo ancora la chiesa e ho anche deciso di trasferirmi con la mia famiglia per rimettere in piedi una chiesa in difficoltà. Ciò che sto facendo può confondere la gente, ma amiamo ancora la chiesa, nonostante le sue imperfezioni e i suoi peccati.  

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Un solo Pastore perfetto

Più cammino con Gesù, più sono affascinato dall’apostolo Paolo.

Oltre che dalle grandi dimostrazioni della potenza dello Spirito Santo e dai vasti territori che ha influenzato con la sua opera di evangelista, sono attratto dalla sua umanità. Egli è una delle figure più rivoluzionarie presenti nella Scrittura, eppure è anche una delle più accessibili e trasparenti.

La sua conversione mostra uno dei più interessanti contrasti tra il prima e il dopo il cambiamento, ma molti tratti del suo carattere restano intatti. Nelle sue lettere, Paolo non misura il linguaggio nel condividere le sue insicurezze, le sue frustrazioni e le sue sofferenze. Rimprovera a tutti gli effetti la chiesa di Corinto riguardo al suo diritto di ricevere sostegno finanziario dalle chiese, sebbene egli non lo chieda (1 Corinzi 9). In seguito parla della sua inadeguatezza, raddoppiando nello stesso tempo gli sforzi per difendersi dai soliti attacchi sulla legittimità del suo apostolato con un solido ragionamento pieno di paragoni poco lusinghieri e sottile sarcasmo (2 Corinzi 10–12). Critica aspramente Pietro per la sua ipocrisia in un modo che farebbe arrossire la maggior parte dei ministri del vangelo occidentali per la “mancanza di amore” dimostrata (Galati 2:11–14).

La sua umanità è inoltre visibile nei suoi rapporti con le chiese da lui fondate e che egli serviva. Nel racconto fatto da Luca dell’ultimo discorso di Paolo agli anziani di Efeso (Atti 20:17–38) c’è una scena toccante in cui Paolo esprime il suo affetto per la chiesa in parole e opere, dichiarando con fermezza che le sue azioni erano osservabili da quelli del suo gruppo. Affermando “queste mani hanno provveduto ai bisogni miei”, ci dà l’immagine di un leader che fa un altro lavoro per provvedere ai suoi bisogni, per non essere di peso alla chiesa. Sembra così umano.

Elaborando questo negli anni, rimango spesso disilluso quando considero la mia precedente visione dei leader cristiani.

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Coltivare collaborazioni internazionali per la fondazione di chiese | Parte 2

Come

Se siamo convinti che le collaborazioni internazionali per la fondazione di chiese siano una conseguenza naturale del vangelo e che arrechino molti benefici alle nostre chiese locali e reti di chiese, saremo allora pronti a compiere dei semplici passi per sviluppare questo tipo di collaborazioni nel nostro contesto.

1. Imposta una visione del vangelo

Questo passo è fondamentale. Dobbiamo essere sostenitori convinti e convincenti di una visione globale del vangelo che scaturisce da versetti come Abacuc 2:14: “Poiché la conoscenza della gloria del Signore riempirà la terra come le acque coprono il fondo del mare”. In tutti i nostri sermoni, studi e conversazioni informali, nella nostra esegesi, esposizione e applicazione del testo biblico, dovrebbe essere presente la portata del vangelo, l’estensione e la profondità del suo messaggio, la Signoria cosmica di Gesù. La nostra gente imparerà presto ad amare questo panorama suggestivo.

 

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Coltivare collaborazioni internazionali per la fondazione di chiese | Parte 1

Logica e motivazione

Perché dovremmo coltivare collaborazioni internazionali per la fondazione di chiese? Questo post non è per nulla esauriente, ma dovrebbe essere sufficiente a convincere. Per quelli che saranno convinti, a breve sarà pubblicato un altro post per stimolare la riflessione su come coltivare queste collaborazioni.

1. La chiesa primitiva era, fin dall’inizio, una famiglia diversificata e globale di chiese che fondano chiese

Matteo 28:18-20 ha bisogno di collaborazioni internazionali per la fondazione di chiese per essere adempiuto. Come può il vangelo giungere fino alle estremità della terra senza varcare i confini nazionali (o i loro equivalenti)? Come si battezzano, si istruiscono e si fanno discepoli al di fuori del contesto della chiesa, secondo le categorie descritte dal Nuovo Testamento? Alla luce del grande mandato, non sorprende osservare che il libro degli Atti è una storia di collaborazioni internazionali per la fondazione di chiese, sin dal giorno in cui la chiesa di Antiochia mandò Paolo e Barnaba in missione. Luca ci fornisce una bellissima immagine del principio in Atti 20:4, con Paolo che ritorna a Gerusalemme con un gruppo di colleghi dopo aver da poco fondato chiese a Berea, Tessalonica, Derba e in Asia (forse grazie al contributo delle chiese fondate da Paolo a Efeso e a Colosse). Luca descrive le collaborazioni internazionali incidentalmente, come se fossero una normale componente del tessuto della chiesa primitiva. Lo stesso quadro emerge dalle epistole. Perché Paolo scrisse Romani? Per recarsi in Spagna, e creare una collaborazione internazionale tra la chiesa di Roma e la chiesa che sperava di fondare in Spagna. Filippesi è una lettera che riguarda la collaborazione nel vangelo (cap. 1 e cap. 4). 1 Tessalonicesi 1 mostra una chiesa la cui influenza e testimonianza echeggiavano da provincia a provincia in modo naturale e contagioso. Tutto lascerebbe pensare che quando la finalità e la portata del vangelo erano predicate, producevano come conseguenza necessaria collaborazioni internazionali vitali e intenzionali.

 

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Una formula semplice per una predicazione efficace

E’ meraviglioso che il Dio che ha creato il mondo per mezzo della sua parola abbia parlato al suo popolo in un libro. Pensaci. Il Dio invisibile ha rivelato se stesso attraverso gli scritti di uomini che furono sospinti dallo Spirito (2 Pietro 1:19–21). Quale grazia! Se non sei meravigliato da questa cosa, non diventare un predicatore.

La ferma convinzione che la Bibbia è la comunicazione diretta e personale di Dio al suo popolo è all’origine di una predicazione efficace. L’uomo che risponde alla chiamata a predicare si assume un’enorme responsabilità, che va presa con una buona dose di santo timore. Non è qualcosa da prendersi alla leggera.

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Mani ferme fino al tramonto: la battaglia per la fondazione di chiese

Con calma Giosuè passò in rassegna i suoi soldati, radunati in truppe di cinquanta e di cento unità. Si accertò che i capitani avessero capito la strategia. Passò anche del tempo a pregare con qualche soldato esitante qua e là. Altri seguirono il suo esempio, e un quieto brusio di benedizioni e di preghiere si unì al risoluto cigolio di pelle e al tintinnio del metallo proveniente degli uomini che stavano controllando e indossando la loro armatura.


Quando giunse alla tribù di Giuda, il comandante abbracciò Caleb e, mani sulle spalle, pregarono insieme. Caleb e i suoi uomini avrebbero dovuto avanzare per bloccare l’impatto dell’offensiva Amalechita quando la battaglia sarebbe iniziata, e Giosuè era certo che l’assalto del nemico si sarebbe infranto contro il roccioso coraggio del suo vecchio amico.

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Crescere la prossima generazione di fondatori di chiese

La storia ci insegna che uno dei motivi che determina il successo in tempo di guerra è la quantità e la qualità dei soldati schierati in battaglia. Lo stesso principio è altrettanto valido nella fondazione di chiese. Possiamo avere tutte le buone intenzioni del mondo, ma senza fondatori di chiesa qualificati e competenti che continuamente emergono dai ranghi, i nostri sforzi come movimento per la fondazione di chiese saranno vani.

Tuttavia, questo solleva la questione: chi ha la responsabilità di crescere la prossima generazione di fondatori di chiesa? E’ responsabilità di Dio chiamare e mandare un nuovo esercito di fondatori di chiesa? O è nostra responsabilità preparare e schierare questi uomini? La risposta, come spesso succede, è “entrambi”.

 

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Lezioni dalla storia della chiesa sul discepolato e sulla fondazione di chiese

Pensi di saperne di più di Agostino, dei Riformatori e di Spurgeon? Lezioni sul discepolato per fondatori di chiese.

Mancanza di discepolato

Uno dei maggiori rimpianti sugli inizi della mia vita cristiana è quello di non essere mai stato veramente discepolato, né di aver mai discepolato altri. Benché diversi uomini si fossero interessati alla mia vita spirituale, non ci fu mai un approccio del tipo “sii mio imitatore come io lo sono di Cristo” in nessuna delle nostre conversazioni, nessun dover rendere conto ed essere responsabili gli uni degli altri. Di conseguenza, ho studiato in seminario e sono entrato nel ministero per lo più stando per conto mio.

Che cosa pericolosa! La vita cristiana – figuriamoci il ministero pastorale – non può essere vissuta in solitudine (siamo stati salvati per appartenere a una comunità del vangelo). Ricordo il giorno in cui mi resi conto di avere trascorso gran parte della mia vita in chiesa ma che non avevo nessuna idea di quello che significasse vivere la vita cristiana.

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La fondazione di chiese fa per me?
  1. La motivazione principale che mi porta a considerare la fondazione di chiese è una motivazione positiva (come lo è la gloria di Dio e la salvezza delle persone) e non l’insoddisfazione per la mia situazione attuale?

  2. Credo che la fondazione di chiese sia la principale strategia decretata da Dio mediante la quale Egli compie la Sua volontà, fa avanzare il Suo regno e glorifica il Suo nome?

  3. Credo nel vangelo e lo sperimento come “potenza di Dio” non solo per salvarmi dalla pena del peccato ma anche dal dominio del peccato nella mia vita?

  4. Condivido regolarmente il vangelo con i non credenti, e posso indicare delle persone che hanno fatto professione di fede e che stanno ancora camminando con Cristo in seguito alla mia testimonianza?
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Che cosa significa essere una chiesa vangelocentrica?

Atti 29 non vuole solo fondare chiese, ciò che conta è il tipo di chiese che sono fondate. In questo post Ray Ortlund ci fa comprendere che le chiese sane e che fondano altre chiese sono incentrate sul vangelo di Cristo. 

 

“Evangelion (quello che chiamiamo “il vangelo”) è una parola Greca, il cui significato è notizia buona, allegra, contenta e gioiosa, che rende felice il cuore di un uomo e che lo fa cantare, ballare e saltare di gioia”. [1] William Tyndale

William Tyndale, il traduttore pioniere della Bibbia in Inglese, scrisse queste deliziose parole nel 1525, sigillandole con la sua morte da martire. Quale mondo è quello in cui viviamo, nel quale una cosa così felice è così tanto odiata! Ma è così.   

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Il tuo contesto missionale più importante: la tua vocazione

Sappiamo che tutto quello che Dio fa, lo fa attraverso il suo popolo. Come pastore credo che se vogliamo far avanzare la missione di Gesù, noi che siamo le guide della chiesa dobbiamo impegnarci ad affidare la missione al popolo di Dio. Gran parte dell’attività della chiesa consiste nell’equipaggiare le persone per le loro vite personali e per il ministero tra le mura della chiesa, ma sono convinto che il popolo di Dio vada equipaggiato in vista di quello che è forse il loro contesto missionale più  importante: le loro vocazioni.

 

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7 Principi Chiave per Fondatori di Chiese

Principio chiave numero 1: Pensa al Vangelo

Cominciamo da due domande importanti ed essenziali: (1) Quanto perduti sono i perduti? (2) In che modo vanno cercati i perduti?

Se è vero che la dottrina si dimostrata più dalla pratica che da ciò che si professa, dobbiamo allora riconoscere che la risposta di molti alla prima domanda è: “Non del tutto perduti”. Il che forse spiega perché non ci tormentiamo spesso sulla seconda domanda.

Ma il vangelo ci dice che i perduti sono realmente perduti, e che essere perduti è una cosa veramente terribile. Questo spiega perché la domanda numero 2 è così pressante. I perduti sono perduti e devono essere trovati per la gloria di Dio e l’onore del suo nome. Sia l’esperienza sia il materiale biblico dimostrano che uno degli strumenti più efficaci per fare questo è fondare chiese.

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Lo Spirito Santo, il Fondatore di Chiese

Non riesco a ricordare una chiesa fondata con successo che non sia iniziata con una visione, una missione e una strategia chiara. Stranamente, non ho nemmeno mai visto una chiesa fondata con successo che sia andata secondo il piano originale! Devi avere dei piani? SI’! Devi prestare attenzione alle deviazioni che lo Spirito Santo ti mette lungo il cammino? Certamente!

La testimonianza di Francis A. Schaeffer mi sprona a prestare attenzione allo Spirito:

“Il problema centrale della nostra epoca è la chiesa del Signore Gesù Cristo, a livello individuale o collettivo, la quale ha la tendenza di compiere l’opera del Signore nella potenza della carne anziché dello Spirito. Il problema centrale è sempre tra le fila del popolo di Dio, non nelle circostanze intorno a loro”.  

 

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