La crescita del cristianesimo nel primo Paese ateo al mondo

Quando Asim Hamza era piccolo, l’Albania comunista degli anni ‘80 era la terza nazione più povera al mondo. L’agricoltura era rimasta quella degli anni ‘20. Per comprare il latte la gente si metteva in fila ancora prima dell’alba. Nelle farmacie si trovava solo l’aspirina. L’elettricità andava e veniva. La religione era bandita. Farsi il segno della croce poteva costare una condanna a tre anni in prigione, possedere una Bibbia a cinque.

Hamza non aveva idea che qualcosa non andasse.

La televisione di Stato, durante le due o tre ore di programmazione quotidiana, mostrava le immagini di bambini che morivano di fame nell’Africa sub-sahariana. “Ci dicevano che questo era quello che succedeva dappertutto”, ha detto Hamza. “Ci dicevano: ‘Voi siete i bambini più felici del mondo’. E noi ci credevamo. Eravamo molto grati ai capi del partito comunista”.

Al tempo, “l’Albania era una delle tre nazioni più chiuse al mondo, insieme alla Corea del Nord e alla Mongolia”, ha detto Don Mansfield, missionario per Campus Crusade for Christ. Don fu nominato direttore nazionale per l’Albania nel 1991, quando il governo comunista iniziò a cadere. Non era mai stato in Albania prima di allora.

“Ricordo che mi trovavo in Olanda a un raduno di tutte le agenzie missionarie mondiali”, ha detto Mansfield. “A quel tempo non sapevo nulla. Si parlava della situazione in Albania, e alzai la mano. Chiesi: ‘Quanti credenti ci sono nel paese?’”

Si aspettava di ricevere una stima approssimativa, o una percentuale della popolazione.

“Conoscete Sonila?” chiese una persona.

“Kristi?” suggerì qualcun altro.

“Maria è una cristiana”.

“Le persone facevano dei nomi, e io ne contai 16”, ha detto Mansfield. “Tutti si guardavano attorno e chiedevano: ‘Qualcun altro conosce altre persone?’”

Nessun altro ne conosceva. Ma oggi, Mansfield potrebbe nominarne centinaia. Joshua Project stima che ci siano 17.000 credenti evangelici nella nazione. Anche se metà di questa crescita si è registrata nei primi dieci anni dopo l’apertura della nazione, il tasso di crescita degli evangelici rimane ancora quasi il doppio di quello del resto del mondo (4,6 per cento contro il 2,6 per cento).

“È stato straordinario vedere ciò che Dio ha fatto nell’arco di una vita”, ha detto il  pastore della chiesa The Orchard Evangelical Free Church e consigliere di TGC Colin Smith, parlando alla prima conferenza regionale di TGC nel 2019. “È un cambiamento incredibile”.

A dire il vero, “siamo ancora pochi, e non siamo ancora importanti agli occhi del mondo”, ha detto Andi Dina, anziano della Light Church di Tirana e consigliere di TGC Albania. “Ma abbiamo un Dio grande, e noi adoriamo lui. Sappiamo che egli edificherà la sua chiesa, e che le porte dell’Ades non potranno vincerla”.

Il primo Stato ateo al mondo

Ancora prima che il capo supremo Enver Hoxha dichiarasse l’Albania il primo Stato ateo nel 1967, gli evangelici erano pochi e sparpagliati. La popolazione era composta prevalentemente da musulmani (70 per cento, un retaggio dei turchi Ottomani), seguita dai greci ortodossi (20 per cento, diffusi principalmente lungo il confine con la Grecia) e dai cattolici romani (10 per cento, presenti soprattutto lungo le coste che separano l’Albania dall’Italia).

I cristiani evangelici (secondo una stima se ne contavano circa 100) erano in gran parte raccolti intorno a una missione Battista nella città di Corizza. Ma la settimana dopo l’attacco di Pearl Harbor, il governo espulse tutti i missionari americani. (L’Italia, un membro dell’Asse, aveva occupato l’Albania).

Ai missionari stranieri non fu consentito di tornare per altri 50 anni. Hoxha, che arrivò al potere dopo la Seconda guerra mondiale, non solo credeva che la religione fosse l’oppio dei popoli, ma la considerava anche una questione di sicurezza di Stato. Accettare il cattolicesimo romano significava subire l’influenza dell’Italia, i cristiani ortodossi venivano direttamente dalla Grecia e dalla Serbia, e tollerare l’islam avrebbe significato subire l’ingerenza della Turchia. Permettere la presenza dei protestanti voleva dire subire interferenze dall’Occidente. Non era illegale solo praticare la religione, ma anche credere.

Gli uomini di Hoxha iniziarono a combattere ogni religione facendo bruciare vivi quattro sacerdoti francescani, poi trasformarono le moschee e le chiese in fabbriche (i minareti diventarono delle ciminiere) e uccisero un anziano prete cattolico per aver battezzato alcuni bambini. Centinaia di membri del clero furono torturati e imprigionati per decenni, costretti ai lavori pesanti nelle miniere e nei canali di scolo. La televisione di Stato trasmetteva in continuazione film prodotti dal governo nei quali si accusava il clero di corruzione, di collaborare con le potenze straniere e di combinare matrimoni forzati. I giornali deridevano i capi religiosi che venivano processati come traditori.

Alla fine, i confini dell’Albania diventarono così chiusi—sia nei confronti dell’Occidente democratico sia dell’Unione Sovietica e della Cina comuniste—che nessuno poteva entrare nel Paese per vedere quello che succedeva al suo interno, men che meno per evangelizzare.

Ma tutto questo non è bastato a tenere la Bibbia fuori dal Paese.

Via cielo e via mare

Albert Kona è cresciuto nella città di Durazzo, sul Mare Adriatico. Nelle foto che lo ritraggono da bambino è possibile contare le sue costole. Ricorda ancora che i suoi genitori si svegliavano alle 2 del mattino per fare la fila per acquistare il pane e il latte.

La sua famiglia era di origine ortodossa orientale, anche se lui non lo sapeva. Un giorno, mentre giocava con un antico baule di legno di sua nonna, trovò parte di un vecchio libro con alcune pagine strappate. In esso, lesse di Pietro e Giovanni.

Non fu l’unico a mettere le mani sulle storie della Bibbia. Dopo la Seconda guerra mondiale, alcuni aerei americani sorvolarono l’Albania e lanciarono Bibbie attaccandole a paracaduti. La maggior parte fu recuperata dal governo, ma un uomo trovò circa 12 capitoli del Vangelo di Luca. “Egli comprese chi era Gesù e che cosa egli aveva fatto”, ha detto Kona, che conobbe quell’uomo anni più tardi, dopo che la nazione aveva aperto le frontiere. “Aveva una fede genuina e semplice”.

Nel 1985, una nave di Operazione Mobilitazione (OM) ancorò a 12 miglia al largo della costa albanese, abbastanza lontana da rimanere in acque internazionali. I membri dell’equipaggio lasciarono cadere copie del Vangelo di Marco, da poco tradotto in Albanese, in sacchetti di cellophane. Riempirono ogni sacchetto di aria perché galleggiasse. Poi, quando la corrente era quella giusta, lasciarono cadere le Bibbie in mare, pregando che venissero trascinate sulla costa. In Kosovo, addetti di OM si trovavano sulle rive dei fiumi che scorrevano in Albania, facendo la stessa cosa.

“Questo era tutto quello che si poteva fare”, ha detto Mansfield. Alcuni cristiani svizzeri avevano cercato di introdurre Bibbie in una delle rare visite, ma quando arrivarono all'aeroporto, tutte le Bibbie che avevano furtivamente distribuito vennero loro restituite. “Vi siete dimenticati queste”, dissero gli ufficiali del governo.

Le frontiere della nazione rimasero chiuse anche dopo la morte di Hoxha nel 1985. Ci vollero altri sei anni prima che i confini finalmente si aprissero. Erano passati cinque decenni, e nessuno sapeva che cosa aspettarsi. Mansfield ricorda che durante la sua prima visita stava camminando sul lungomare, e la gente gli stava alla larga.

Poi tre giovani si diressero verso di lui con aria spavalda, e gli fecero alcune domande. “Da dove vieni?” “Che cosa fai?”

“Faccio il lavoro più bello del mondo”, egli disse loro. “Dico alle persone come possono conoscere Gesù Cristo”.

Il capogruppo, Leonard, si voltò verso i suoi amici. “Non ci eravamo detti proprio cinque minuti fa: ‘Dobbiamo trovare qualcuno che ci parli di Gesù’?” chiese loro, stupito. Poi, voltandosi verso Mansfield, gli diede la più facile delle opportunità evangelistiche: “Parlami di Gesù”.

Sorpreso, Mansfield condivise il Vangelo con quei giovani. Soltanto dopo si chiese come facesse Leonard a sapere di dover chiedere di Gesù. Quando glielo chiese, Leonard rispose che un tempo aveva lavorato come guardia costiera. Un giorno, mentre era in spiaggia, trovò un sacchetto di cellophane con un Vangelo di Marco infilato dentro.

“Dio fa ciò che vuole”, ha detto Mansfield, che ancora si commuove raccontando la storia. “Se Dio vuole agire, agirà”.

“Parlami di Gesù”

I primi missionari in Albania scoprirono in fretta che la curiosità di Leonard su Gesù non era inusuale. Dopo 40 anni di ateismo di stato, di cui 24 imposti con la forza, i precedenti legami con l’islam, il cattolicesimo o la chiesa ortodossa si erano indeboliti. Quando un ragazzo disse ai suoi genitori che aveva creduto in Gesù, essi gli dissero che non poteva farlo perché era musulmano, ma lui nemmeno sapeva di esserlo. (È rimasto cristiano).

“Il tuo sogni è che le persone ti chiedano: ‘Parlami di Gesù’, e loro lo facevano”, ha detto Tammy Doçi, che era presente alla prima missione ufficiale estiva di Campus Crusade in Albania nel 1992. “Andavamo nel dormitorio femminile e le ragazze ci dicevano: ‘Aspettate, prima andiamo a chiamare le nostre amiche’. Prima di rendercene conto, c’erano 18 donne stipate nei letti a castello, che ascoltavano attentamente e facevano domande”.

Anche Patrick e Alicia Havens presero parte allo stesso viaggio estivo. “Un bambino mi guardò, afferrò il mio braccio e disse: ‘Sei qui per parlare alle persone di Gesù?’” ricorda Patrick. “La gente era davvero pronta”.

“Ricordo una famiglia che vedevamo ogni giorno”, ha detto Alicia. “Il padre veniva e diceva: ‘Mio figlio ha bisogno di un’altra lezione. Per favore, diteci di più. Per favore, dateci una Bibbia, perché vogliamo conoscere la verità’”.

Dopo alcuni mesi sul campo, i missionari in Europa di Crusade si riunirono. “Stavamo tutti celebrando conversioni”, ha detto. “Abbiamo esultato per i 10 convertiti in Ungheria, e poi per le 450 conversioni in Albania. Ti dici: ‘Santo cielo, qui sta succedendo qualcosa’”.

Uno di quei convertiti era Kona, a cui piaceva leggere. Un suo amico gli procurò un Nuovo Testamento da qualche missionario di OM. Non capiva i numeri dei versetti. “Pensavo che fossero delle note a piè di pagina, ma stranamente erano all’inizio di ogni frase, e ce n’erano troppe”, ha detto. "Inoltre, non c’era nessun testo delle note a piè di pagina, così pensavo di avere in mano solo la metà del libro”.

Ma questo non lo scoraggiò. Rimase sveglio tutta la notte a leggere. “Alle 4 di mattina ero arrivato alla fine di Romani, e sapevo esattamente chi ero, cosa avevo fatto, cosa aveva fatto Gesù e cosa avrei dovuto fare”, ha detto. “Non avevo mai visto nessuno pregare prima, ma per qualche motivo mi inginocchiai accanto al mio letto e pregai quella che pensavo fosse una preghiera. Sentii che qualcosa era successo, e sentii anche un grande desiderio di fare agli altri ciò che quella persona aveva fatto a me dandomi quel libro”.

Il giorno dopo, partecipò a un culto di adorazione con circa 40 persone. Si buttò a capofitto nell’evangelizzazione e nelle visite agli ospedali.

“Abbiamo avuto quella che Jonathan Edwards chiamerebbe una finestra di grazia”, ha detto. “Per quasi cinque anni, bastava fare una presentazione molto semplice del Vangelo in un sermone e la domenica successiva avresti avuto 300 persone in chiesa. La gente era molto affamata, e le chiese crescevano rapidamente”.

Alcune presentazioni del Vangelo erano inesatte o confuse. Probabilmente non c’era abbastanza enfasi sulla buona teologia. E non ogni conversione era sincera. Alcuni, scherzando, dicono che se si contassero tutte le decisioni per Cristo fatte in Albania, la nazione è salvata tre volte.

Alcuni potrebbero aver firmato una cartolina solo per educazione, o forse perché volevano avere un’occasione per parlare con uno straniero. Forse non sapevano che cosa stavano facendo. Ma d’altra parte, uno dei giovani che aveva detto di non essere interessato più tardi sarebbe diventato uno dei leader di TGC Albania.

TGC Albania

“Vidi il film Jesus”, ha detto Hamza, che aveva 15 anni quando l’Albania si aprì. “E mi dissi: Caspita, che film interessante, ma niente cambiò nella mia vita”.

Hamza a malapena poteva essere considerato un musulmano (“di musulmano avevo solo il nome”) e i suoi voti e la sua condotta erano così pessimi che fu espulso dalla scuola superiore. “Ho pensato: ‘Ok, ora che sono fuori dalla scuola andrò in Grecia a lavorare e fare soldi’, ha detto. Ma invece di diventare subito ricco, fu riportato in Albania perché non aveva i documenti in regola.

Con poche opzioni disponibili, Hamza entrò nella scuola guida dell’esercito, dove conobbe un uomo che parlava di Gesù. Nello stesso periodo, iniziò a portare la sorellina ai programmi per i bambini di una chiesa locale. La moglie del pastore lo notò e gli chiese di rimanere per il programma per i giovani. Egli rimase, “e Dio conquistò veramente il mio cuore”.

Hamza iniziò aiutando con le strutture della chiesa, poi in modo graduale entrò nel ministero. Si iscrisse alla scuola biblica di Durazzo; nel frattempo, si imbatté nel sito internet di Desiring God (DG). “Mi ha dato una visione diversa, più realistica di Dio. . . . Leggevo qualcosa e mi dicevo: ‘Dio è davvero così. Egli non è un piccolo Dio che ce la mette tutta, ma è un Dio che va ben oltre la nostra immaginazione’”.

Egli cominciò a lavorare con Desiring God, prima traducendo 52 sermoni di John Piper in albanese, poi il libro di Piper sui cinque punti del Calvinismo. Quando nel 2016 Piper parlò ad una conferenza in Italia, tra i partecipanti c’erano quasi 60 albanesi. L’anno dopo, in una conferenza in Macedonia del Nord organizzata congiuntamente da TGC/DG , il gruppo più nutrito dei partecipanti proveniva dall’Albania.

Tra di loro c’era Kona, che fece così tante domande sul ruolo degli anziani, dei diaconi, dei pastori e degli insegnanti che qualcuno gli disse che stava “parlando come un Presbiteriano”. Mentre cercava di capire che cosa significasse, scoprì R. C. Sproul e in seguito si laureò al Greenville Presbyterian Theological Seminary.

C’era anche Andi Dina, che si era convertito a Cristo all’università. Mentre lavorava per l’Alleanza Evangelica si imbatté nelle opere di R. C. Sproul. “Questi insegnamenti fecero sciogliere immediatamente il mio cuore”, ha detto Dina, che nel 2019 ha fondato una chiesa in collaborazione con Acts 29.

Alla ricerca di Dio

Nell’arco di tre decenni, quasi tutta la popolazione ufficialmente atea dell’Albania professava di credere in una religione. Nel 2018, gli atei sono scesi a meno dell’1 per cento della popolazione. Gli abitanti si riconoscono principalmente nella religione professata dalle loro famiglie prima dell’avvento del comunismo. Circa il 75 per cento ora è musulmano, l’11 per cento è cattolico e il 7 per cento è ortodosso. Anche se il numero di evangelici è cresciuto da 16 a circa 17.000, è ancora inferiore all’1 per cento della popolazione.

Evangelizzare è sempre più difficile perché la popolazione si accontenta di un cristianesimo nominale, insegue la ricchezza ed è isolata a causa del COVID e degli smartphone. Le strategie evangelistiche, come accade in Occidente, tendono a cambiare e a concentrarsi sulle relazioni.

“Il frutto che tanto desideriamo vedere, probabilmente non lo vedremo durante la nostra vita”, ha detto Dina, “Vogliamo vedere una generazione di pastori e leader devoti che rinunciano a se stessi e prendono la loro croce ogni giorno, una generazione di leader cristiani con un cuore che arde per la gloria di Cristo che, come Giovanni il Battista, possono dire: ‘Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca’”.

“Nonostante tutti i problemi e le mancanze, siamo incoraggiati, perché quasi in ogni città c’è almeno una chiesa”, ha detto Hamza. “La sfida è aiutare i credenti ad essere radicati in una vera comprensione della Bibbia e di Dio, in modo che non si limitino a dire: ‘Oh, Dio, potresti fare questo per me?’”

A tal fine, Dina, Hamza e Kona stanno lavorando insieme agli altri consiglieri di TGC Albania, che ha già un Consiglio Direttivo, un sito internet e una conferenza. Hanno tradotto decine di libri e centinaia di articoli.

“Questo mi dà tanta emozione e tantissima gioia”, ha detto Colin Smith, che ha parlato a circa 180 persone riunite per la prima conferenza albanese di TGC nel 2019. “Negli anni ‘70, sono cresciuto a Edimburgo, Scozia, in una piccola chiesa Battista. Avevamo una riunione di preghiera settimanale, e ricordo che da adolescente pregavo per l’Albania. Questa nazione aveva catturato la mia immaginazione. Mi chiedevo infatti: come può esserci una nazione in Europa senza credenti?”

Mentre era lì a quella conferenza, “era molto evidente che non solo il numero di cristiani era cresciuto notevolmente, ma che il Signore stava suscitando una nuova generazione di leader cristiani—e in particolare, di fondatori di chiese. E questa è una cosa straordinaria”.


Sarah Eekhoff Zylstra è redattrice senior e direttrice della sezione “Fede e Opere” per The Gospel Coalition. È anche la coautrice di Gospelbound: Living with Resolute Hope in an Anxious Age. In precedenza ha scritto per Christianity Today, ha istruito a casa i suoi figli, è stata una freelance per un quotidiano locale e ha insegnato al Trinity Christian College. Si è laureata in Inglese e comunicazione alla Dordt University e in giornalismo alla Medill School of Journalism presso la Northwestern University. Vive con suo marito e i loro due figli nella periferia di Chicago e sono membri attivi della Orland Park Christian Reformed Church.

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