I pastori dovrebbero avere amici nella chiesa. Ma è veramente così?

Prima dei podcast e dei blog c’era la radio, e Paul Harvey è stata una delle voci radiofoniche più famose. Harvey ha prestato la sua splendida voce e la sua inconfondibile capacità oratoria alla radio per quasi 60 anni. Ogni appuntamento radiofonico era un misto di notizie, commenti e storie ricche di interesse umano che non si limitavano a dare informazioni ma intrattenevano.

Avevo un particolare interesse per la sua trasmissione intitolata “Il resto della storia”. Questi brevi aneddoti storici avevano spesso un finale a sorpresa, e Paul concludeva la trasmissione con il suo slogan, un vero e proprio marchio di fabbrica: “E ora conoscete … il resto della storia”.

Queste parole mi sono venute in mente mentre io e mia moglie riflettevamo sul mio articolo “Certo, i pastori dovrebbero avere amici nella chiesa”. Confermo per filo e per segno ciò che ho scritto, ma ora ecco … il resto della storia.

Il ministero pastorale può essere solitario

Certo, i pastori e le loro mogli dovrebbero avere amici intimi all’interno della chiesa, ma questo non vuol dire che li avranno. È una cosa difficile da scrivere, ma è una realtà ancora più difficile da affrontare. Spesso è molto difficile per i pastori e le loro famiglie avere delle amicizie all’interno della chiesa. La solitudine è tale da portare alcuni alla disperazione.

È difficile separare una persona dal suo ruolo. Anche se le ragioni specifiche possono variare, la radice della solitudine deriva spesso dall’incapacità (spesso involontaria) dei pastori e dei membri della congregazione di separare la persona dal suo ruolo. Questa realtà si palesa anche nella vita della moglie del pastore.

Ogni incontro casuale, appuntamento a pranzo, colazione al bar ed evento extracurriculare viene fatto rientrare nella relazione pastore-membro di chiesa. Gran parte di questi incontri porta inevitabilmente a conversazioni che ruotano attorno alla chiesa (le sue attività, i suoi programmi, le sue politiche, ecc…). Tali conversazioni diventano poi i mattoni e la malta per erigere mura come quelle di Gerico, che ostacolano lo sviluppo di una vera amicizia.

Tuttavia, non confondiamo le conversazioni sulla chiesa col parlare con le persone elette, adottate, perdonate e raccolte che hanno ricevuto la grazia di Dio e sono state unite in Cristo. Parlare degli affari della chiesa è diverso dal parlare di Gesù e della sua sposa. Parlare esclusivamente dell’istituzione, benché a volte sia necessario, può essere spiritualmente estenuante e può allontanarci dalla possibilità di creare un vero legame di amicizia creando una dicotomia persona-ruolo.

I membri di una congregazione potrebbero vedere il loro pastore come un professionista che deve ricoprire un certo ruolo, non come una persona da conoscere e frequentare (tanto meno con cui stringere un’amicizia). Le conversazioni su Gesù e sulla sua opera nelle persone offrono invece linfa vitale, promuovono l’intimità spirituale e rafforzano l’unità che condividiamo in Cristo. Le conversazioni incentrate su queste verità forniscono il fondamento per un’amicizia basata sulla persona di Cristo, non sulla professione del pastore.

Le amicizie intime non sono certe

Le amicizie presentano vari livelli di intimità. Alcune amicizie sono solo a livello superficiale, mentre altre sono destinate a crescere a causa di interessi comuni, desideri condivisi e fiducia reciproca. Anche se ogni livello di amicizia è importante, poche amicizie offrono quel grado di profondità che molti di noi cercano.

La chiesa che un pastore è chiamato a servire potrebbe non soddisfare il suo bisogno (o quello della sua famiglia) di avere amicizie profonde, ma questo non significa che la sua congregazione non abbia cura di lui. Non significa nemmeno che l’amicizia non possa esistere all’interno della chiesa. La tua chiesa potrebbe semplicemente non essere in grado di soddisfare il tuo desiderio personale di amicizia. Se ciò dovesse accadere, noi pastori dobbiamo fare attenzione a non attribuire le nostre frustrazioni ai loro fallimenti.

Piuttosto, possiamo ringraziare Dio per le amicizie che egli ha provveduto. Possiamo chiedere al Signore di soddisfare il desiderio del nostro cuore, riconoscendo tuttavia che egli potrebbe non rispondere nel modo che ci aspettiamo.

Forse Dio vuole che riconosciamo le relazioni che nella sua grazia egli ci ha provveduto affinché possano essere intenzionalmente nutrite, alimentate e sviluppate. Forse il nostro desiderio di amicizia intima non sarà soddisfatto da una o due persone, bensì da tutto il corpo.

Gesù è più affezionato

Come l’autore di Proverbi scrive: “Chi ha molti amici può esserne sopraffatto, ma c'è un amico che è più affezionato di un fratello” (Proverbi 18:24). Gesù è questo amico. Egli è colui che conosce i nostri desideri più profondi e che può soddisfarli. Semplicemente, Gesù è sufficiente.

Dio provvede sempre esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, quando ne abbiamo bisogno. Combattiamo contro la nostra tendenza a erigere muri relazionali che ci impediscono di ricevere la sua benedizione. Non aspettiamoci che sia la chiesa a darci l'intimità e l’approvazione che solo Gesù può dare. Dopotutto, è la nostra relazione verticale con lui che permette alle amicizie con altri di fiorire.


Jeremy Todd (DEd, Southern Seminary) è il pastore per l'insegnamento della Harvest Pointe Community Church a Charles Town, West Virginia. È sposato con Leslie e ha un figlio.

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