Non devi scusarti se piangi

Nel film Ragazze vincenti, Tom Hanks interpreta Jimmy Dugan, l’allenatore di una squadra di baseball femminile. Nella scena forse più memorabile del film, Dugan rimprovera una delle giocatrici per essersi messa a piangere ed esclama: “Non si piange nel baseball!”

Non alleno una squadra di baseball femminile, ma come anziano di chiesa mi capita di vedere molti uomini e molte donne piangere quando offro loro consulenza pastorale. Non è raro che la gente si scusi per aver pianto durante un incontro. Come mai succede questo? Le ragioni potrebbero essere molte, ma due sono predominanti. La prima ragione è che viviamo in un mondo che non capisce il dolore e non lo accoglie con favore.

La cultura ci dice che essere forti equivale a essere maturi. Se è vero che piangere è un segno di debolezza, e la debolezza un segno di immaturità, allora il dolore andrebbe soppresso o evitato. Il fatto di scusarsi sarebbe quindi una risposta razionale al disappunto creato dalle nostre lacrime.

La seconda ragione è che alcune persone si scusano se piangono perché in passato il loro dolore è stato bistrattato. Le loro espressioni di tristezza sono state accolte con derisione o insensibilità. Invece di essere trattate con empatia e compassione, sono state ignorate, guardate dall’alto in basso o addirittura mortificate. La chiesa ha disperatamente bisogno di una corretta comprensione dell’importanza del dolore.

Il dono delle lacrime

Il dolore è un dono che Dio ci fa quando siamo tristi. Il dolore non è solo qualcosa che sentiamo—è qualcosa che esprimiamo. Un pianto salutare offre al nostro corpo e alla nostra anima una valvola di sfogo quando ci sentiamo oppressi, sopraffatti e disperati. Per quanto possa essere doloroso il processo di elaborazione del lutto, trattenere il dolore può causare ancora più dolore. Ho sentito spesso la gente dire di essersi sentita meglio dopo essersi sfogata piangendo. Molti di noi sono testimoni delle conseguenze distruttive della rabbia repressa quando alla fine viene sfogata. Il dolore non è diverso. Sopprimere il dolore non risolve il problema; ne crea uno maggiore. 

Guardare a Gesù ci aiuta a capire come esprimere il dolore in modo sano. Gesù pianse presso la tomba di Lazzaro (Giovanni 11:35). Egli fece lamento per la condizione di Gerusalemme (Matteo 23:37-39). Egli era un uomo di dolore (Isaia 53:3). E questi sono solo gli episodi che la Bibbia riporta. Le lacrime di Gesù ci insegnano una lezione importante: il dolore non è una debolezza né un ostacolo da superare. È un dono da accogliere.

Ciò che sembra scontato non è sempre facile 

Nella Bibbia ci sono alcuni versetti che appaiono superflui a prima vista. Per esempio, Romani 12:15 dice: “Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono”. Perché abbiamo bisogno di un comando che ci dica di fare ciò che sembra naturale? Forse perché non fa sempre parte della nostra natura.

Anche se razionalmente ha senso essere contenti quando qualcuno è felice e dispiacersi quando soffre, la nostra capacità di manifestare sentimenti amorevoli è fortemente ostacolata dalla nostra debolezza e dal nostro peccato. Spesso è facile rispondere alla sofferenza di qualcuno rallegrandoci per essa. L’odio dice: “Ha avuto ciò che si meritava”. Allo stesso modo, può essere facile rispondere alla gioia di qualcuno con il dolore. L’invidia dice: “Io merito quello che lui ha”.

La nostra maturità in Cristo ha un impatto diretto sulle nostre risposte emotive. Invece di sentire gli altri scusarsi quando piangono in nostra presenza, forse sono loro che dovrebbero sentirci chiedere scusa per non aver pianto con loro. Le persone smetterebbero di scusarsi per le loro lacrime se noi rispondessimo al loro pianto con la compassione e l’empatia di Cristo. Questo dovrebbe far parte della nostra crescita in Cristo. Man mano che diventiamo come lui, piangeremo come egli piange.

Diventare come il nostro Sommo Sacerdote

Dobbiamo imparare da Gesù a piangere bene, e dobbiamo imparare da Gesù come aiutare gli altri a piangere bene. Gesù intercede per noi in questo momento come nostro sommo sacerdote. Questa è una buona notizia! Egli è perfettamente capace di simpatizzare con le nostre debolezze (Ebrei 4:15). Ebrei ci dice che egli vive sempre per intercedere per noi (Ebrei 7:25). Permetti al carattere assoluto della parola “sempre” di penetrare in te.

Quando sei sopraffatto dalla tristezza, Gesù intercede per te. Quando sei devastato dalla malattia, Gesù intercede per te. Quando sei paralizzato dall’ansia, Gesù intercede per te. Quando il tuo matrimonio sta crollando, Gesù intercede per te. Quando un amico ti tradisce, Gesù intercede per te. Quando la tua fede è debole, Gesù intercede per te. 

Poiché egli simpatizza con le nostre debolezze, non devi scusarti per le tue lacrime. Al contrario, Gesù accoglie le tue lacrime, e trova diletto nel prendersi cura di te. Egli ti invita ad accostarti a lui nel momento del bisogno (Ebrei 4:16). Quando Dio sembra essere lontano da te, il sommo sacerdozio di Gesù ti assicura che egli sta ancora pregando per te in quel preciso momento.

Il sacerdozio di Gesù definisce il nostro sacerdozio. Il Nuovo Testamento descrive i cristiani come sacerdoti (1 Pietro 2:5; Apocalisse 1:6). Come il nostro sommo sacerdote, anche noi abbiamo il duplice privilegio di accostarci a Dio e prenderci cura dei bisogni degli altri.

I pastori dovrebbero sempre avere una scatola di fazzoletti nel loro ufficio. Porgi un fazzoletto a coloro che piangono e sii paziente mentre danno sfogo alle loro lacrime. Quando qualcuno si scusa perché sta piangendo, ringrazialo per essersi reso vulnerabile e per averti dato l’opportunità di consolarlo nella sua afflizione (2 Corinzi 1:4). La chiesa dovrebbe essere il luogo più sicuro dove piangere perché la presenza di Dio è il luogo più sicuro dove piangere. Che Dio possa rendere la chiesa tale luogo.


Kent Bass è il pastore per il counseling e la cura dei membri della Imago Dei Church a Raleigh, North Carolina. Ha conseguito un Master in consulenza biblica presso il Southeastern Baptist Theological Seminary. Oltre a fornire cura e counseling ai membri di Imago Dei, Kent aiuta ad equipaggiare e assistere i fondatori di chiesa e i missionari inviati dalla sua chiesa. Kent vive a Wake Forest (North Carolina) con sua moglie Hope e i loro tre figli. Puoi seguirlo su Instagram @kentdbass.

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