L’assurdità della predicazione

Non vedevo l’ora di predicare. Il brano biblico aveva operato nella mia vita, sfidando la mia mente, scavando nel mio cuore, e suscitando in me gioia e ravvedimento. Non mi restava che invitare altre persone a condividere la mia esperienza. Non desideravo altro che esporre una visione fedele di Dio in grado di appassionare le persone e portarle ad avere una fiducia più profonda in Dio. 

All’inizio del servizio mancavano ancora tre ore, perciò ascoltai musica di adorazione per continuare a preparare il mio cuore. Dio grande Dio iniziò a suonare. Pensai al giorno in cui gente di ogni tribù, lingua e nazione uniranno i loro cuori e intoneranno canti che parlano della gloria di Gesù. I miei occhi si riempirono di lacrime mentre pregavo affinché la chiesa potesse avere almeno un assaggio di quella festa futura. 

Il tempo era giunto. Mi misi in piedi davanti alla congregazione pieno di aspettative, parlai con il mio cuore, e cosa più importante, con quello che credevo fosse il cuore di Dio per la congregazione. Ma una volta concluso il sermone, fatti gli annunci e rivolta la benedizione, ebbi una sensazione deprimente, quel genere di consapevolezza che ti fa mettere in discussione il significato della predicazione, e che ti fa percepire l’assurdità del nostro lavoro.

Dopo tutta la fatica, il lavoro e il desiderio per Dio e per la chiesa, che cosa hanno fatto le persone? Sono andate a pranzo. 

Siamo pazzi?

Ammettiamolo. A volte il nostro ministero appare assurdo. Quando proclamiamo il Vangelo ogni settimana, noi annunciamo un messaggio che ha lo scopo di confondere la saggezza di questo mondo. Esso è follia per quelli che periscono, ma è potenza di Dio per chi viene salvato. Per questo, per quanto il nostro approccio possa essere accattivante, dobbiamo prepararci ad apparire come dei pazzi, sapendo che il contenuto dei nostri sermoni è una pietra d’inciampo per molti.

Anche la nostra convinzione ci fa sembrare pazzi. Durante un’udienza davanti al Re Agrippa, qualcuno si chiese se la molta dottrina di Paolo lo avesse messo fuori di senno. Paolo, un prigioniero in attesa di giudizio, rispose guardando negli occhi un re che possedeva ricchezze, potere e prestigio, ed espresse il suo desiderio che il re diventasse come lui.  

Il contenuto del Vangelo e la nostra convinzione nel Vangelo ci fanno veramente apparire pazzi. Ma siamo stati preparati a questo. Sapevamo a che cosa andavamo incontro quando abbiamo deciso di diventare dei messaggeri del Vangelo, e non ci vergogniamo di esso. Ma c’è ancora un altro senso in cui la predicazione appare assurda, che va oltre il contenuto e la convinzione, e viene rivelato dal pranzo e dal pisolino pomeridiano. 

Il profeta che pasce

Ogni settimana abbiamo l’attenzione della chiesa per circa trenta minuti, e non vogliamo sprecare questo tempo. È un’opportunità che abbiamo per demolire i falsi vangeli che hanno discepolato le persone durante la settimana e risvegliare il loro amore per il Signore. Per questo motivo, avvertiamo il peso di ciò che predichiamo e siamo consapevoli che le nostre parole hanno un significato eterno che deve essere ponderato anche dalla nostra chiesa. Questa è la natura profetica della nostra chiamata. 

Inoltre, sappiamo che siamo chiamati ad aiutare le persone a riconoscere Dio nei dettagli ordinari delle loro giornate. Ricordiamo loro la sacralità della vita, che Dio ha determinato i nostri tempi e luoghi affinché possiamo trovarlo ovunque noi siamo, e che egli non è lontano da ciascuno di noi, nemmeno durante il pranzo. Questa è la natura pastorale della nostra chiamata.

L’assurdità nasce quando ci concentriamo solo su un aspetto della nostra chiamata. Il profeta in noi vuole che il sermone vada dritto al cuore, perché il paradiso e l’inferno sono in gioco, e gioia e vita abbondante sono a disposizione di chi ci ascolta. Ma quando una predicazione appassionata riceve una risposta tiepida, ci chiediamo: me la sono presa troppo a cuore? Devo sentirmi ridicolo per avere sentimenti così profondi, per credere a questo con tutto me stesso? O peggio, i miei desideri per questa chiesa hanno superato quelli di Dio? Perché egli non ha fatto in modo che le persone rispondessero al messaggio?

Per evitare questo, dobbiamo imparare a fare chiamate profetiche con una sensibilità pastorale. Non vediamo l’ora che Dio trasformi le persone. Per quale altro motivo dovremmo predicare? Tuttavia, dobbiamo moderare le nostre aspettative per riconoscere l’azione di Dio dopo la benedizione finale.  

La potenza della resurrezione e di un pasto

È difficile fare questo regolarmente, ma Gesù ce lo insegna. Mentre la storia aspettava la promessa della redenzione, Gesù è venuto tra noi, ha obbedito il Padre, ha trionfato in tutte le cose in cui noi abbiamo fallito, ha adempiuto la legge e i profeti, ha sopportato la croce, ha disprezzato l’infamia, ed è resuscitato vittoriosamente dai morti. Eppure, dopo aver sconfitto il peccato e la morte, egli fece una cosa tanto banale quanto sorprendente fu la sua resurrezione. Egli preparò la colazione per i suoi amici. 

Questo riassume il miracolo che sono lento a ricevere, ossia che gli scopi cosmici di Dio non sono rallentati da una tavolata in compagnia di amici. Un pasto ordinario può essere un’occasione per contemplare e meditare sulla potenza della resurrezione: persino la colazione può avere un posto nel piano di Dio. 

Questo non toglie la necessità di predicare con gioia e aspettativa. Siamo chiamati a studiare il testo, spandere i nostri cuori, e pregare per la chiesa affinché possiamo contemplare la gloria di Dio insieme. I cieli non possono contenerla, e nemmeno i nostri sermoni. Ma chi sa ciò che Dio può rivelare durante il pranzo?


Jason James è il pastore di New Hope Church a Harlem. È membro del consiglio consultivo di Advance Initiative. Puoi leggere altri suoi articoli su Substack.


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