La Generazione Z ha bisogno di un posto alla tua tavola

Luci colorate attraversano un locale di culto buio, sfolgorando su file di adoratori con le mani alzate. Una coltre di nebbia ricopre il palco mentre le chitarre suonano. Il pastore predica un messaggio appassionante, facendo buon uso di storie per tenere sveglio e far sorridere anche il membro della congregazione più assonnato. Dopo il servizio, il media team pubblica breve video su Instagram che riassume i punti principali del sermone. Questo è intrattenimento nella sua massima espressione.

Eppure, in qualche modo, la Generazione Z non è impressionata da tutto questo.

Secondo un sondaggio condotto da Christian Post, solo il 28 per cento degli americani appartenenti alla Generazione Z ammette di partecipare a servizi religiosi una volta al mese. Inoltre, solo il 4 per cento dichiara di seguire una visione del mondo biblica. Questa è una tragedia, una tragedia a cui tutti i nostri metodi moderni per attirare la gente non riescono a porre rimedio.

Si direbbe che l’approccio seeker-sensitive all’evangelizzazione dovrebbe funzionare con la Generazione Z. Mai generazione è stata più intrattenuta.Forse però la continua corrente di intrattenimento nella quale la Generazione Z vive l’ha impregnata d’acqua, se non affogata. La mia generazione boccheggia per qualcosa di reale.

L’evangelo incarnato

La domenica in cui divenni membro della mia chiesa, una coppia anziana invitò me e tre mie amiche a casa loro. I padroni di casa, Jill e Paul, apparecchiarono quattro posti extra attorno alla tavola del loro soggiorno, imbandita con pietanze calde e profumate spezie masala. Sorseggiando del tè fatto con foglie dal Kenya (dove i due erano stati come missionari per 17 anni) abbiamo trascorso alcune ore bevendo tutta la saggezza, e Chai caldo, che potevamo.

Era come se l’evangelo si fosse incarnato attorno al tavolo di questi nuovi amici. Essi hanno fatto di più che semplicemente parlarci della bontà del Signore. Ci hanno invitato a provarla e a vederla (Salmo 34:8). Ogni volta che ci alzavamo dalla loro tavola, ci sentivamo riempite e piene di gioia e di zelo per condividere l’evangelo.

Quando rifletto su questo ricordo, il mio cuore si riempie di gratitudine per la grazia dell’ospitalità e allo stesso tempo si spezza per ogni membro della mia generazione che non conosce la chiesa oltre la sfera della performance. Che ne sarà di coloro che non sono mai stati invitati al tavolo della sala da pranzo? Temo che l’evangelo non diventerà reale per loro. A meno che il Vangelo non venga incarnato, non può trasformare una generazione.

Caro cristiano, la Generazione Z ha disperatamente bisogno della tua ospitalità. Credo che questo sia l’approccio evangelistico di cui la mia generazione ha più bisogno.

Ripensare l’ospitalità

Quando Jill e Paul ci invitarono a casa loro, non ci hanno intrattenuto, ma ci hanno accolti nelle loro vite reali. La verità è che è infinitamente più bello essere conosciuti che essere intrattenuti. Se l’obiettivo è una performance perfetta, non possiamo conoscerci veramente.

E se ripensassimo l’ospitalità? E se fosse solo una questione di creare il contesto perfetto per intrattenere ma di usare le nostre case per il regno di Dio? E se, invece di nasconderci da un mondo a pezzi, invitassimo le persone a pezzi nelle nostre case? È in questo modo che rendiamo l’evangelo reale per la generazione più sola sulla terra. Non è un’esagerazione affermare che i cristiani che aprono le loro case e invitano i giovani nelle loro vite possono trasformare una generazione. Abbiamo un Dio che dà una famiglia a quelli che sono soli (Salmo 68:6). Dobbiamo soltanto fare spazio.

Mostrare il cuore di Cristo

Praticare l’ospitalità ci offre una meravigliosa opportunità di mostrare il cuore di Cristo ai perduti e alle persone sole.

Abbiamo un Salvatore che ha dimostrato la grazia dell’ospitalità durante il suo ministero sulla terra. Gesù avrebbe potuto rimanere in disparte dall’umanità spezzata, ma non lo fece. Egli è diventato carne e ha abitato fra di noi (Giovanni 1:14), mettendosi a tavola con i peccatori (Matteo 9:10) e invitando i piccoli fanciulli tra le sue braccia (19:14). Questo è il Salvatore che dice: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo” (11:28), che dolcemente promette: “Tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi” (Giovanni 14:3).

Gesù non aspetta che siamo noi ad andare da lui. È lui che viene a cercarci. Egli è per sempre il buon Pastore, che lascia le 99 pecore per cercare quella smarrita (Matteo 18:12–14). Oh, se la Generazione Z potesse conoscere questo Pastore che lascia gli schermi e i social media per portare colui che è solo nel suo ovile.

La chiesa ha il privilegio di mostrare il cuore del Pastore attirando le persone dal cuore ferito nelle case e facendole sedere attorno al tavolo da pranzo. Se vogliamo vedere giovani trasformati, non possiamo tenerli a distanza. Dobbiamo mostrare il cuore di Cristo che li va a cercare scegliendo invece di stare con loro.

Racconta la vecchia storia

Mentre la chiesa sta con i membri perduti della Generazione Z, prego che “non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite” (Atti 4:20). Prego che il Vangelo sia sempre sulle nostre labbra, pronto a riempire le conversazioni fatte a cena. L’ospitalità serve ad adornare splendidamente il Vangelo, ma non possiamo adornare un Vangelo che la Generazione Z non conosce. “E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunci?” (Romani 10:14).

Raccontiamo quindi alla Generazione Z la storia di Gesù, il nostro caro Salvatore che è venuto a cercarci. Non abbiamo bisogno dell’ennesima sgargiante presentazione evangelistica che si adatta perfettamente ad un video su Instagram. Abbiamo bisogno di più cristiani come Jill e Paul, santi fedeli disposti a vivere l’evangelo in parole e opere.

Questo è il mio appello alla chiesa: Aggiungi un posto al tuo tavolo, riempilo di cibo e permetti al tuo amore e alla tua generosità di adornare il Vangelo. E poi racconta la vecchia storia, invitando la mia generazione distrutta a provare e vedere che il Signore è buono.


Abigail Thompson è una giovane scrittrice che fa parte della Centerville Christian Fellowship.

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