J. I. Packer sulla sorprendente benedizione delle prove

Ricordo dove mi trovavo quando lessi queste parole scritte dallo scomparso teologo J. I. Packer: “Un certo tipo di ministero evangelico è crudele. Non lo è consapevolmente, ma lo è”.

Quale tipo di ministero crudele Packer aveva in mente? La sua risposta mi avrebbe perseguitato.

Stavo attraversando un periodo particolarmente difficile di depressione e soffrivo di una malattia cronica. Era una stagione di prova e scoraggiamento che stava durando da troppo tempo, almeno così pensavo. Avevo pregato. Avevo parlato con consiglieri saggi. Avevo pregato ancora. Ma questo periodo difficile non finiva, e il mio stato d’animo non migliorava.

Poi un mio amico mi raccomandò il libro di Packer, Conoscere Dio. Lo avevo già letto prima, ma egli mi indicò un capitolo alla fine del libro intitolato “Queste prove interiori”. Riaprii il classico, trovai il capitolo, e iniziai a leggere. Quella sera stessa, il mio modo di pensare nei riguardi del dolore e della sofferenza iniziò a cambiare. (Alcune lezioni non si imparano finché non si è pronti).

Le riflessioni di Packer sull’insegnamento crudele e il suo meraviglioso rimedio mi hanno aiutato a dare un senso al mio periodo difficile.

Queste prove interiori

Cos’è questo ministero evangelico crudele? Secondo Packer, l’insegnamento crudele consiste nel dire che diventare un cristiano rende la tua vita più facile. È l’idea che essere un credente ti faccia peccare di meno, ti permetta di trovare il tuo vero io e la tua chiamata più profonda, ti prepari per cambiare il mondo e significhi meno sofferenza in generale. Potremmo riassumere questo insegnamento non biblico con: La tua vita migliore adesso!

L’immagine sbilanciata “che descrive la vita cristiana normale esente da afflizioni”, Packer scrive, “è destinata a dare prima o poi delle amare delusioni”.

Se c’è una frase che racchiude la condizione spirituale dei ventenni e trentenni tra i quali ho servito negli ultimi dieci anni e mezzo, è amara disillusione.

Per dirla come nel film di Tyler Durden Fight Club, “ci hanno mentito per tutta la vita”. Sto pensando principalmente a noi millennials e generazione X nati nella classe media americana: siamo cresciuti con una dieta a base di autostima; siamo stati valutati con punteggi generosi; ci è stato detto che se rincorriamo i nostri sogni, tutto è possibile. “Cambierai il mondo”. Poi diventiamo adulti e scopriamo che la vita è difficile, che non siamo così speciali, e che questo mondo è un luogo crudele.

Dietrich Bonhoeffer ha definito queste aspettative “sogni”. Egli scrisse Vita comune in tedesco, e in mancanza di una parola migliore, i traduttori italiani usarono il termine “sogni”. Il sogno è l’ideale di vita come pensiamo essa dovrebbe essere, una vita di felicità, significato e soddisfazione. È una vita senza dolore, senza contrattempi, senza conflitto, senza sofferenza.

Riversiamo questi sogni della vita cristiana sugli altri, incapaci di comprendere come mai stiano combattendo nelle loro vite spirituali. Quando affrontiamo le difficoltà, siamo turbati—cerchiamo di dare la colpa agli altri, accampare pretese con Dio, o far finta che le cose non siano poi così male. Un sogno infranto diventa il terreno fertile dell’autocommiserazione. Le nostre comunità cristiane possono andare in crisi a causa di questi sogni, dal momento che quando essi non si avverano nelle nostre amicizie e nella crescita della chiesa diventiamo disillusi.

La grazia di Dio fa rapidamente svanire i nostri sogni in modo che egli possa ricostruire le nostre vite attorno alla realtà. Nella sua grazia (ed è pura grazia), Dio ci permette di abbracciare la via di Gesù in un mondo in rovina.

È proprio un ministero crudele quello di richiamare i credenti ai loro sogni e suggerire che alla fine Gesù e la chiesa renderanno possibile la loro realizzazione. Cristo cambia ogni cosa, ma certamente non è facile.

Packer continua:

Dio non rende più agevoli le loro circostanze [quando si diventa cristiani]; anzi, è vero il contrario. Ecco ripresentarsi l’insoddisfazione nei confronti della propria moglie o del proprio marito, dei genitori, dei suoceri, dei figli, dei colleghi o dei vicini. Ricompaiono quelle tentazioni e quelle cattive abitudini che la loro esperienza di conversione sembrava aver fugato per sempre.

Fortunatamente, la Scrittura non ci lascia soli quando si tratta di affrontare la sofferenza.

Crocifiggere i sogni

Ecclesiaste, il libro dell’Antico Testamento che crocifigge il sogni, dice che “Dio ha messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta” (Ecclesiaste 3:11).

Nel nostro intimo, una vita buona e perfetta esiste; eppure non possiamo comprendere ciò che Dio sta facendo nella storia attuale.

Come Tim Keller ha evidenziato nel suo libro Walking with God through Pain and Suffering, la sofferenza è uno dei temi principali della Bibbia. Genesi inizia con un racconto di come il male e la morte sono entrati nel mondo. Esodo descrive l’oppressione di Israele in Egitto e i 40 anni nel deserto, un tempo di prova. I Salmi contengono preghiere per ogni circostanza della vita, ma le preghiere più frequenti sono richieste di aiuto nel bisogno e di consolazione nella sofferenza; le preghiere oneste dei Salmi descrivono la brutalità della vita e l’ingiustizia della sofferenza. Tre libri dell’Antico Testamento (Giobbe, Lamentazioni, Ecclesiaste) hanno la sofferenza come tema principale. Due libri del Nuovo Testamento (Ebrei e 1 Pietro) si concentrano sull’aiutare i cristiani ad affrontare la sofferenza, il dolore e l’afflizione. Cosa più importante, la Persona centrale delle Scritture, Gesù Cristo, è chiamato uomo di dolore.

La sofferenza è un tema significativo delle Scritture, che ci danno una visione globale del dolore e delle avversità e non solo qualche semplice luogo comune che possiamo usare per consolarci a vicenda nei funerali. La Bibbia non ci dà solo lieti fine; essa non è un episodio televisivo di 22 minuti con una soluzione completa prima della sigla finale.

È importante conoscere ciò che Dio ha promesso e ciò che egli non ha promesso. Viviamo in un mondo in rovina. Dio non ha promesso che saremo liberi dalla sofferenza in questa vita.

Keller usa la fornace ardente di Daniele per illustrare come Dio usa la sofferenza nelle nostre vite. Il fuoco, naturalmente, è una cosa pericolosa; può consumare, può incendiare un edificio, può cancellare un’intera foresta, e può uccidere una persona in pochi istanti.

Ma il fuoco, se usato in un modo controllato e saggio, è uno dei grandi doni della vita. Il fuoco può riscaldare una casa in inverno, affinare un pezzo di metallo, plasmare l’argilla; può essere usato per cuocere del cibo (senza fuoco non si potrebbe fare il barbecue). Il fuoco, se usato correttamente, non brucia; esso plasma, affina, prepara, purifica e abbellisce. Il fuoco fa maturare le cose.

La sofferenza, allo stesso modo, è certamente dolorosa. Ci sembra di morire, ed è quasi insopportabile. Ma se viene affrontata con fede e sopportata in presenza di Dio, la sofferenza ci plasma, ci affina, ci prepara, ci purifica, ci abbellisce. La sofferenza fa maturare le persone.

Nel Vangelo, la sofferenza prende il male e il dolore e li rovescia; mediante la sofferenza noi vinciamo il male e il dolore. Dalle tenebre spunta la luce, e dalla morte viene nuova vita.

Nella mia vita, ho sofferto per la perdita di due dei miei tre fratelli. Ho sofferto di insonnia, depressione e dolore cronico dopo la morte di mio fratello, e nonostante anni di preghiere e counseling, molti di questi sintomi restano continuano ad affliggere il mio corpo. Dio mi ha dato guarigione e pace profonda, ma le ferite rimangono ancora.

Torniamo a Packer: Qual è lo scopo di queste prove? Perché stiamo soffrendo a causa del COVID da così tanto tempo? E come porto il mio dolore—e il mio sogno crocifisso—davanti al Padre?

Lo scopo di queste prove

Packer si esprime così: Un padre buono non lascia che i suoi figli vadano per la loro strada. Anche quando è costoso, egli li guida con misericordia e saggezza. Egli permette ai suoi figli di sperimentare alcuni dei dolori del mondo ma rimane con loro in mezzo a tutto questo.

Questa è la grazia di Dio verso di noi. Attraverso la sofferenza in un mondo rovinato (rovinato da noi, non da Dio), egli forma il nostro carattere, rafforza la nostra fede, e ci prepara per servire e aiutare gli altri. La sua forza si rivela nella nostra debolezza. Packer scrive:

Come fa Dio, nella sua grazia, a perseguire questo fine [cioè quello di farci maturare]? Non riparandoci dagli assalti del mondo, della carne e del diavolo né proteggendoci da circostanze pesanti e frustranti . . . anzi, esponendoci a tutte queste cose, fino a farci sentire, non soltanto sopraffatti dal sentimento della nostra inadeguatezza, ma anche spinti ad aggrapparci più saldamente a lui. Il motivo per cui la Bibbia dedica così tanto tempo a ripeterci che Dio è una forte roccia, una salda difesa, un rifugio sicuro e un aiuto per i deboli è per farci capire che siamo deboli, [e che dobbiamo imparare] ad aspettare il Signore.

Come C. S. Lewis scrisse: “Dio sussurra nei nostri piaceri, parla nelle nostre coscienze ma grida nelle nostre sofferenze”.

Questa è stata la mia esperienza. A parte forse il tempo quotidiano con il Signore nella lettura e nella preghiera, niente mi ha cambiato più della sofferenza. Niente mi ha portato alla fine di me stesso e ha sradicato la fiducia in me stesso come la sofferenza.

Penso forse che Dio mi abbia costretto a soffrire o che si sia preso le vite dei miei fratelli affinché io imparassi una lezione? No. Questo mondo è crudele, ma Dio è buono.

Tuttavia, egli certamente permette che viviamo in questo mondo in rovina senza proteggerci dai dolori e dalle afflizioni terrene, e Dio è stato più reale per me nelle mie lacrime e nel mio dolore che nelle mie risate e nella mia pace. È grazie alla sofferenza che impariamo la pazienza, la perseveranza, la fiducia e la speranza. Queste virtù sono impossibili da acquisire se non attraverso il dolore e la sofferenza.

Buone notizie per anime spezzate

Il nostro è un mondo distrutto dal peccato, e la fragilità è la condizione predefinita delle nostre relazioni, del nostro lavoro e dei nostri corpi. Gesù non redime il suo popolo strappandolo da questo mondo; egli è venuto nel nostro mondo in rovina, è nato in povertà e negli stenti, e come uomo di dolore si è messo risolutamente in cammino verso la croce. Il nostro ristabilimento con Dio dipende dalla brutale morte fisica del Re dell’universo, e dalla sua gloriosa risurrezione fisica.

Come ho scritto prima, dobbiamo conoscere ciò che Dio ha promesso e che cosa non ha promesso. Quello che egli non ci ha promesso è una vita priva di dolore e sofferenza. Ma che cosa ci ha promesso?

Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate». E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». (Apocalisse 21:4-5)

Il pensiero dell’eternità è stato messo nei nostri cuori perché siamo stati creati per una vita eterna senza dolore e sofferenza. Ecco perché ci è così estranea qui. Siamo stati creati per un mondo senza sofferenza, e un giorno esso sarà nostro.

Le sofferenze di Gesù ci ricordano che egli non è estraneo alle nostre prove, perdite, lutto, tradimento, abbandono, sofferenza fisica, nemmeno alla morte. Ma il Vangelo ci ricorda che Gesù è passato per la sofferenza estrema —portando il nostro peccato e la sua condanna, la morte e la separazione da Dio—per noi. Egli l’ha fatto al posto nostro. Certo, affrontiamo tante prove interiori. Saremo soggetti a circostanze frustranti e opprimenti fino a quando egli ritornerà e farà nuove tutte le cose.

Ma non siamo un popolo senza speranza. Il nostro Signore risorto ci offre la sua presenza ora e la promessa certa della risurrezione e della nuova creazione in futuro. Queste prove potrebbero durare, ma non avranno l’ultima parola. Come Scotty Smith ha detto: “La morte, il male, le lacrime, tutte queste cose hanno una data di scadenza”. Queste sofferenze momentanee non sono inutili; esse ci stanno maturando, rendendoci simili a Cristo. Ci stanno preparando per la gloria eterna.


Jeremy Linneman è il pastore di Trinity Community Church in Columbia, Missouri, vicino all’Università del Missouri. In precedenza ha lavorato per sette anni come pastore di Sojourn Church a Louisville, Kentucky, e inoltre sta ultimando il suo dottorato in ministero presso il Covenant Theological Seminary. Jeremy e sua moglie, Jessie, hanno tre figli e amano trascorrere la maggior parte del loro tempo libero all’aria aperta.

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