Il segreto di una vita felice

A volte l’epistola di Giacomo è chiamata “il libro dei Proverbi del Nuovo Testamento”. Questo a motivo di brani come Giacomo 4 che ci offrono una serie di aforismi di saggezza pratica non strettamente collegati tra loro. Questo capitolo inizia con la nostra preoccupazione universale in merito al conflitto:

Da dove vengono le guerre e le contese tra di voi? Non derivano forse dalle passioni che si agitano nelle vostre membra? Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. (Giacomo 4:1-3)

Il mondo è segnato dal conflitto. Ci sono conflitti mondiali e conflitti nazionali; c’è conflitto nella chiesa; c’è conflitto nella società; c’è conflitto a casa—c’è conflitto dappertutto. Giacomo dice che questi litigi, queste lotte, queste dispute e contese vengono da dentro di noi, dal nostro cuore decaduto. La motivazione che porta a questi conflitti è l’invidia (o cupidigia) che è una trasgressione di cui si parla raramente ai nostri giorni.

Il conflitto è il frutto di cuori bramosi che vogliono ciò che hanno gli altri. Volere qualcosa che non abbiamo non è sbagliato in sé. L’affermazione di Giacomo quando dice che non abbiamo perché non chiediamo è un invito implicito a chiedere a Dio di soddisfare i nostri desideri. Non dovremmo vergognarci quando desideriamo cose buone a condizione che il nostro desiderio non trasformi queste cose buone in idoli. L’avvertimento contro la bramosia entra in gioco quando Giacomo riconosce che a volte domandiamo male per ricevere ciò che non abbiamo. A volte chiediamo cose buone con uno spirito sbagliato.

Che cosa significa questo? Pensiamo a quando chiediamo cose perché crediamo che esse ci renderanno felici. Questo si trasforma in bramosia quando crediamo di avere il diritto inalienabile di ricercare il piacere come fonte di felicità. Massimizzare il piacere è l’obiettivo principale della nostra cultura, ma felicità e piacere sono profondamente diversi.

Non sono contrario al piacere. Amo il piacere. Ma ricorda: il peccato ci tenta perché è piacevole—nel breve termine. Pecchiamo perché pensiamo che il peccato ci farà sentire bene. Ogni volta che pecchiamo, crediamo nella bugia originale di Satana, che ci tenta dicendoci che saremo felici se otteniamo il piacere che bramiamo. L’edonismo, che definisce il buono in termini di piacevole, è la più antica filosofia che si oppone a Dio.

Ma il peccato non renderà mai felici, non ci darà mai quella condizione di diletto, beatitudine e contentezza interiore, nella quale non c’è posto per l’avidità e la cupidigia. Noi cristiani sperimentiamo momenti di felicità quando siamo soli nella presenza di Dio, in comunione con Lui, dove è sufficiente sapere che i nostri peccati sono stati perdonati. Ma presto ce ne dimentichiamo e ci preoccupiamo delle bollette. Improvvisamente diciamo: “Se solo avessi qualche soldo in più, se solo avessi un’auto migliore, se solo avessi una casa più bella, sarei finalmente felice”.

Dopo aver spiegato l’origine dei conflitti, Giacomo ci mostra che cosa pone fine ai conflitti e dà vera felicità: “Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili». Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi  . . . Umiliatevi davanti al Signore, ed egli v'innalzerà”. (Giacomo 4:6-7, 10)

L’umiltà è il segreto di una vita felice. Che cos’è l'umiltà? La Scrittura non dice che la persona umile è la persona remissiva, insicura, l’uomo senza spina dorsale che è lo zerbino di tutti; piuttosto, la persona umile è colui che teme Dio. Il timore del Signore è il principio della saggezza, e tale timore sgorga da un cuore conquistato dalla bellezza di Dio che si sottomette alla Sua autorità.

Il contrario dell'umiltà è l’arroganza. Pensare che Dio ci debba ogni piacere che desideriamo manifesta un’arroganza indicibile che osa criticare ciò che Egli provvede per noi. Ogni volta che iniziamo a fare guerra per ciò che non abbiamo, la nostra contesa alla fine è con il Signore. C’è qualcosa di più sciocco che combattere contro Dio? L’opposizione da parte di Dio è opposizione con la O maiuscola. Egli è l’ultimo essere che vorrei avere come nemico. Dio resiste ai superbi, perciò dobbiamo fare penetrare questo motto di Giacomo nei nostri cuori: “Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili”.

Se c’è una cosa che dovremmo cercare ardentemente di raggiungere, questa è la grazia di Dio. Per definizione, la grazia non è qualcosa che puoi meritare. Puoi ricevere la grazia solo se Dio nella Sua misericordia te la concede. È un dono. Non puoi comprarla, guadagnarla o meritarla. Dio dà grazia agli umili perché essi conoscono la gratuità della grazia. L’umiltà sottomette volontariamente la propria vita alla misericordia sovrana di Dio. Le persone umili riconoscono che il Signore non ha alcun debito con loro.

Vogliamo più grazia? Proviamo ad avere un po’ più di umiltà. Cerchiamo meno opposizione da Dio? Sbarazziamoci della nostra superbia. Dobbiamo ricordare che siamo servi inutili che si affidano alla misericordia della corte celeste. Quando entriamo nella presenza di Dio e pretendiamo che Egli ci dia qualcosa o cerchiamo di persuaderLo a darci qualcosa come se noi fossimo i Suoi consiglieri che gli suggeriscono un modo migliore di fare le cose, siamo entrati nella Sua presenza non audacemente come la Bibbia ci invita a fare, ma in modo arrogante. Dobbiamo andare a Lui con ringraziamento e con lode per la grazia che abbiamo già ricevuto. Più siamo umili, più grazia riceviamo. Più siamo superbi, più Dio ci resiste.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Tabletalkmagazine.com.


R.C. Sproul (1939–2017) è stato un pastore, un professore e un autore nonché il fondatore e il presidente di Ligonier Ministries. Il suo contributo nel campo dello studio biblico, della teologia, della visione del mondo e della cultura, della vita cristiana e della storia della chiesa è tenuto ancora in grande considerazione.

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