Eravamo Suoi nemici: Dare un senso ad Abdia

Dio ha nemici. Questa verità è difficile da digerire e può essere ardua da armonizzare con altre verità che leggiamo nella Bibbia, verità come “Dio è amore" (1 Giovanni 4:8). Ma non fidarti della mia parola. Esaminiamo la testimonianza della Scrittura:

Dite a Dio: “Come sono tremende le opere tue! Per la grandezza della tua potenza i tuoi nemici ti aduleranno”. (Salmo 66:3)

Si alzi Dio, e i suoi nemici saranno dispersi . . . Dio schiaccerà il capo dei suoi nemici. (Salmo 68:1, 21)

Il SIGNORE si vendica dei suoi avversari e serba rancore verso i suoi nemici. (Naum 1:2)

Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio. (Giacomo 4:4)

Dio ha nemici, e il libro di Abdia è un breve oracolo profetico sull’intervento di Dio contro i suoi nemici. In ultima analisi, tuttavia, è un messaggio di speranza per il popolo di Dio.

Due bambini, due nazioni

In Abdia, i nemici di Dio sono gli Edomiti, e se vogliamo capire questo breve libro è importante conoscere esattamente chi sono. La storia biblica di Edom ha inizio in Genesi 25 quando Isacco e Rebecca diventano gli orgogliosi genitori di due gemelli: Esaù e Giacobbe.

I fratelli sono spesso in competizione tra loro, ma questi due fratelli sono in conflitto tra loro già nel grembo materno (Genesi 25:22-23). La tensione continua per tutta la loro gioventù. Esaù vende il suo diritto di primogenitura a Giacobbe per una minestra rossa (Genesi 25:29-34), e più avanti Giacobbe ruba la benedizione che spettava ad Esaù (Genesi 27). Come conseguenza del loro conflitto, i gemelli si separano, e i discendenti di Giacobbe diventano la nazione di Israele, mentre i discendenti di Esaù diventano Edom.

Il conflitto tra i due figli continua nella discordia tra i loro discendenti. Un esempio lampante del conflitto tra le due nazioni si ha quando Edom rifiuta di fare transitare gli Israeliti nel loro territorio (Numeri 20:14-21). Forse la posizione geografica di Edom lo rendeva arrogante di fronte alla difficoltà di Israele. Molte città Edomite erano costruite su montagne alte più di 1.500 metri sopra il livello del mare. Gli stretti sentieri che conducevano a queste città le rendevano praticamente inespugnabili per gli eserciti invasori. Non c’era dunque alcun bisogno di impietosirsi per Israele.

Come i loro antenati, queste due nazioni gemelle si combattevano a vicenda. Douglas Stuart scrive: “La nazione del fratello separato di Israele si è opposta al suo parente in ogni occasione possibile, dall’epoca dell’esodo fino alla conquista babilonese di Giuda e Gerusalemme, che essa approvò e spalleggiò” (421). Il conflitto proseguì fino al tempo di Cristo, quando Erode l’Idumeo, un discendente di Edom, cercò di uccidere il neonato re dei Giudei (Matteo 2:1-12).

Tradimento fraterno e gloriosa speranza

Il profeta Abdia ribadisce la relazione intima e fraterna tra Israele e Esaù. La loro storia familiare condivisa porta il profeta a considerare le azioni di Edom come un tradimento famigliare. Mentre i discendenti di Giacobbe a Gerusalemme subiscono l’invasione, la distruzione e l’esilio, i discendenti di Esaù stanno a guardare (Abdia 1:10-11), gioiscono per la loro sventura (v. 12) e addirittura si uniscono al nemico (vv. 13–14).

Perciò, il profeta dichiara: “A causa della violenza fatta a tuo fratello Giacobbe, tu sarai coperto di vergogna e sarai sterminato per sempre” (v. 10). La vicinanza dei termini “violenza” e “fratello” in questo versetto dovrebbe farci riflettere. Così come Giacobbe un tempo ebbe paura di Esaù (Genesi 32:7), così Israele ora ha paura degli Edomiti, i quali cercano di consegnarli ai Babilonesi (Abdia 1:14).

Ma il giorno del Signore è vicino (v. 15), e con il suo arrivo, i discendenti di Giacobbe saranno liberati da tutti i nemici di Dio, incluso Edom. In quel giorno, l’ira di Dio si riverserà giustamente sui suoi nemici (vv. 15–16) e i discendenti di Giacobbe scamperanno al monte Sion (v. 17).

Sion era il nome dato all’area di Gerusalemme dove si trovava il tempio. Il tempio rappresentava il punto di incontro tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo. Era lì che Dio dimorava con il suo popolo. Il monte Sion ricordava agli Israeliti che Dio regnava supremo sopra il caos della storia umana. Egli sarebbe stato Colui che li avrebbe salvati.

La salvezza descritta in Abdia assume le sembianze di una lezione di geografia:

Quelli della regione meridionale possederanno il monte di Esaù;

quelli della pianura possederanno il paese dei Filistei,

il territorio di Efraim e quello di Samaria;

e Beniamino possederà Galaad.

 I deportati di questo esercito, i figli d'Israele,

possederanno il paese dei Cananei fino a Sarepta,

e i deportati di Gerusalemme che sono a Sefarad,

possederanno le città della regione meridionale.

 I salvati saliranno sul monte Sion

per giudicare la montagna di Esaù.

Allora il regno sarà del SIGNORE. (vv. 19–21)

Queste parole assumono il significato di una gloriosa speranza per gli Israeliti feriti, malridotti e martoriati dei giorni di Abdia. Dio qui promette di distruggere i suoi nemici e salvare il suo popolo. I versetti 19–21 sono una descrizione della terra promessa. Tutti i luoghi elencati circondano Gerusalemme: il Negev a sud, la pianura ad ovest, Efraim e Samaria a nord, e Galaad ad est. La promessa è che tutta la terra che circonda Gerusalemme apparterrà a Israele, e gli esiliati, che sono stati deportati dai Babilonesi (con l’aiuto degli Edomiti), si stabiliranno nuovamente lì.

Buone notizie per nemici come Edom e noi

La verità è che abbiamo bisogno di un Dio che ha nemici. Come Scott Sauls scrive:

Se non c’è nessun giudizio, allora non c’è nessuna speranza per lo schiavo, per la vittima di uno stupro, per un bambino che è stato abusato o bullizzato, o per chi è stato calunniato, derubato o privato della dignità. Se nessuno è chiamato a rendere conto davanti a un tribunale cosmico per la violenza e l’oppressione, allora le vittime non avranno mai giustizia. Abbiamo bisogno di un Dio che si adira.

Abbiamo bisogno di un Dio che risponde al male dei nemici con la giustizia. Ma come dobbiamo comportarci con i nostri nemici?

Come bambini viziati che sanno che i loro genitori li difenderanno in ogni circostanza, sarebbe stato facile per i discendenti di Giacobbe farsi beffe dei loro nemici Edomiti. I cristiani corrono lo stesso pericolo. Se, alla fine, Dio vince salvando i suoi figli, perché non gongoliamo pensando alla vittoria sicura che ci attende?

Primo, dobbiamo ricordare che anche noi un tempo eravamo nemici di Dio. Paolo spiega che “mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo” (Romani 5:10). Secondo, dobbiamo ubbidire al comandamento del nostro Salvatore di amare i nostri nemici e di pregare per loro (Matteo 5:44). Un ghigno vendicativo non è l’evidenza che siamo figli del Padre nostro che è nei cieli (Matteo 5:45). E poi, dobbiamo offrire loro Gesù. Invece di dare la caccia ai nemici di Dio per proclamare il giudizio su di loro, dovremmo cercarli e dichiarare loro: mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo. Questa offerta vale anche per te oggi.


Davy Ellison (PhD, Queen’s University, Belfast) è il direttore della formazione per Irish Baptist College. È anche uno degli anziani della Antrim Baptist Church. È l’autore di The Holy One of Israel: Exploring Isaiah, Five: The Solas of the Reformation, e un libro di prossima pubblicazione sulla mansuetudine. Puoi seguirlo su Twitter.

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