Che cosa succede quando confessiamo il peccato

Gli studi dimostrano quello che Dio ha rivelato sin dall’inizio: abbiamo bisogno gli uni degli altri. La solitudine sta diventando epidemica con rischi sulla salute pari a quelli dell’obesità. Ci sentiamo sempre più isolati e sconosciuti, privi gioia e senza una comunità a cui appartenere. Scopriamo sulla nostra pelle che il piano originale di Dio per noi era la comunione — fare un cammino di vita insieme. Questa comunione con Dio e con altri credenti è possibile, e si realizza quando siamo disposti a “camminare nella luce” gli uni con gli altri (1 Giovanni 1:7).

Molti di noi però rinunciano a questa comunione e camminano nell’ombra. Quando ci rifiutiamo di camminare nella luce con gli altri membri della chiesa, corriamo un pericolo perché rinunciamo alla comunione per la quale siamo stati creati. Se stiamo male perché ne avvertiamo l’assenza, perché allora non la cerchiamo?

Amiamo le tenebre

Quando Nicodemo andò da Gesù di notte per esporgli le sue domande sulla fede, Gesù gli disse:

Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte (Giovanni 3:19-20).

A volte preferiamo le tenebre perché ci piace il nostro peccato e non siamo pronti ad abbandonarlo. Com’è risaputo, un giovane Agostino pregava: “Dammi castità e continenza, ma non subito”. Abbiamo il timore che, se confessiamo il nostro peccato a un’altra persona, dovremo poi rendere conto di quel peccato, e non siamo tanto sicuri di volerci rinunciare.

Le tenebre non sono solo l’assenza di luce. Le tenebre in 1 Giovanni 1 sottintendono un’opposizione alla luce. Le tenebre e la luce non possono coesistere. Quando camminiamo nelle tenebre, andiamo in direzione contraria alla libertà che Dio ci offre nella luce.

Inganniamo noi stessi e altri

L’io nella mia mente è davvero incredibile. A volte mi trovo a dover fare i conti con il fallimento e il peccato e non riesco a passarci sopra. Molto più spesso, sono capace di giustificare le mie azioni con poco sforzo mentale. Rispondo ai miei figli con rabbia a causa del loro peccato. Non sto giudicando; sto solo esercitando il discernimento. Sono capace di trovare molte scuse buone.

Ma 1 Giovanni 1:8 dice: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi”. E’ evidente che continuerò a combattere contro il peccato, e pensare (o fingere) che non sia così significa auto-ingannarsi. Ma c’è un altro problema: inganniamo anche gli altri.

Molto è stato scritto sulla nostra falsa cultura del “va tutto bene”, anche all’interno della chiesa. Sappiamo che è un problema, ma non mi sono sempre resa conto del perché è un problema così grande. Un giorno parlavo ai miei figli del mio combattimento con il peccato, quando uno di loro mi disse: “Ma tu non pecchi”. In quel momento, ho capito che avevamo un problema.

Mi hanno sicuramento visto peccare ogni giorno delle loro vite. Romani 3:23 dice chiaramente che “tutti hanno peccato”, e di sicuro questo include me. Ma i miei figli non associavano le mie parole e azioni peccaminose alla parola “peccato”, il che significa che forse consideravano quelle cose sbagliate come normali e giuste. Forse, inconsapevolmente, stavo rendendo normale il peccato. Ma se non sanno che sono una peccatrice bisognosa della grazia, non possono capire che entrambi (io e loro) stiamo combattendo una battaglia per avere gioia in Cristo. Se non mi vedono come una peccatrice, potrebbero sentirsi soli nelle loro battaglie.

Lo stesso è vero per i nostri fratelli e sorelle nella fede. Quando rispondo sistematicamente con un “va tutto bene” alle domande dei miei fratelli e delle mie sorelle, potrei isolare coloro che avvertono il peso del peccato e non sono sicuri se possono trovare una comunità affidabile nella quale opporsi al peccato e ravvedersi.

Gioia nel cammino

Quando scegliamo di confessare i nostri peccati gli uni agli altri, stiamo dicendo: “So quello che Dio dice su questa cosa, e so di essere andato contro la sua volontà in questo”. Ma non è sufficiente aprirsi e dire: “Ho fatto questa cosa, e mi sento male per quello che ho fatto”. Libri, articoli, e social media sono pieni di confessioni di questo tipo.

In effetti, per molte persone sta diventando più facile confessarsi sui social media con degli estranei che aprirsi con gli amici intimi o con la propria famiglia. La rassicurazione che otteniamo dall’amico online — “Oh, faccio la stessa cosa anch’io, non è una tragedia”, o “Non preoccuparti, nessuno è perfetto” — è molto più piacevole del doversi sedere e affrontare una complicata conversazione faccia a faccia con qualcuno che vediamo spesso e che ci conosce. L’estraneo che legge le nostre parole su uno schermo non si unirà a noi nel dichiarare guerra alla tentazione (che è la cosa che dobbiamo fare). Colossesi 3 contiene molta saggezza su come essere il corpo di Cristo insieme ci aiuti a combattere il peccato e a ricordare la nostra vera identità in Cristo.

La comunità richiede coraggio

Ogni settimana mi riunisco con un gruppo di amiche per studiare la Bibbia e pregare insieme. La confessione del peccato è ormai parte della nostra routine, e immancabilmente conduce alla gioia. Mentre mi apro con queste donne e parlo di quello che sta succedendo nel mio cuore (per esempio, delle cose che competono con Dio per avere la mia fedeltà e che rischiano di rubare la mia gioia) succedono alcune cose:

  • Inizio a vedere il mio peccato nel modo giusto. Prendere il peccato abbastanza sul serio da confessarlo ad altri mi aiuta a odiarlo di più.

  • Trovo gioia nella compagnia di altre donne. Le mie amiche non sono sorprese dal mio peccato, né lo giustificano. Mi ascoltano e poi pregano per me (Colossesi 3:12-14).

  • Mi ricordo della grazia. Se la confessione del peccato finisce con il dispiacere, non è andata abbastanza in profondità. Confessare il peccato è un’opportunità per gioire nel vangelo. Le mie amiche mi ricordano che Dio mi ha perdonata in Cristo. Non devo vivere nella sconfitta. Posso invece deporre quel peso alla croce, dove è stato già pagato (Colossesi 2:13).

  • Guadagno delle compagne di squadra. Una volta che abbiamo confessato il nostro peccato, che abbiamo chiesto a Dio la sua grazia e che ci siamo ricordate del suo amore per noi e del suo perdono, è tempo di combattere. Le mie amiche restano in contatto con me, continuano a pregare per me, e mi aiutano a combattere il peccato in modi pratici (Colossesi 3:16).

  • Gioisco per le risposte alle preghiere. So che ci sono peccati che dovrò combattere fino a quando vedrò Gesù faccia a faccia, ma ci sono anche peccati su cui Dio, nella sua grazia, ci fa ottenere vittoria. Essere impegnate nel combattimento quotidiano le une con le altre ci dà l’opportunità di vedere le risposte alle preghiere e di rallegrarcene insieme.

La prospettiva di uscire allo scoperto e creare questo tipo di comunità può spaventare, ma una volta che camminiamo nella luce insieme, capiamo cos’è veramente la comunione e sperimentiamo la straordinaria gioia che c’è nella vera comunione, e non avremo più il desiderio di ritornare a com’eravamo prima di uscire dalle tenebre.


Catherine Parks è l’autrice di Real: The Surprising Secret to Deeper Relationships. Lei e suo marito vivono a Nashville, Tennessee, con i loro due figli.

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