Scoprire il nostro campione: una teologia biblica di Davide e Golia

Con tante scuse a Malcolm Gladwell, la storia di Davide e Golia in 1 Samuele 17 non intende darci una lezione su come uno sfavorito può sconfiggere un avversario nettamente favorito. Né possiamo trovarvi strategie di leadership aziendale o consigli per affrontare i giganti della vita che vanno dai debiti ai problemi di peso alle dipendenze. Non contiene nemmeno la lezione “usa l’armatura più adatta a te”.

Qual è allora l’applicazione della storia di Davide e Golia?

Un approccio più utile è quello di chiedersi che cosa sta facendo Dio in tutta la Scrittura, iniziando in 1 Samuele. Quando leggiamo questa storia nel contesto canonico, vediamo che essa si collega a Gesù Cristo, e da Gesù Cristo si collega a noi.

Vedere Gesù: Davide, Golia e la storia più grande della Bibbia 

In 1 Samuele, Dio sta accompagnando il suo popolo nel passaggio dall’essere governati da capi tribù all’essere governati da un re, e sta suscitando per loro un monarca con il quale farà un patto eterno (2 Samuele 7). Poiché questa discendenza del patto si estende al di fuori di 1 Samuele, la nostra interpretazione deve sicuramente fare lo stesso, e quello che si scopre è che nel testo ci sono una serie di indizi che richiedono un’interpretazione Cristocentrica che tiene conto di tutta la Bibbia.

Muovendo spietatamente guerra contro il popolo di Dio, Goliat e i Filistei si sono schierati contro il Creatore e i suoi propositi. Ma in Genesi 3:15, Dio aveva promesso che il grande nemico del suo popolo sarebbe stato messo in ginocchio. Dio pone inimicizia tra la donna e il serpente, tra la discendenza di lei e la discendenza del serpente. Egli promette che la discendenza della donna schiaccerà il capo del tentatore anche se questi le ferirà il calcagno. Goliat diventa parte della lotta del serpente contro il piano di Dio e contro il suo popolo, e pertanto è appropriato che egli muoia a causa di una ferita alla testa (1 Samuele 17:49, 51; cf. Genesi 3:15). (I libri di 1 e 2 Samuele hanno il chiodo fisso delle ferite alla testa. Anche chi riesce a sfuggire alla decapitazione ci rimette i capelli o la barba prima della sua rovina finale).

Un altro indizio che punta a Genesi 3 è l’armatura di Goliat. La traduzione italiana riprende bene l’Ebraico: Goliat indossa una “corazza a squame” (per es., cotta di maglia). Per i Filistei questo era un richiamo a Dagon, il loro dio “sirenetto”, metà pesce e metà uomo. Anche un lettore biblico dotato di un'immaginazione limitata può cogliere il legame con il serpente di Genesi 3.

Infine, Golia è chiamato “campione”—la traduzione comune di quello che sarebbe più letteralmente “l’uomo dello spazio tra [i due eserciti]”. Egli è un sostituto, “l’uomo dello spazio tra” che combatte al posto del suo popolo. Egli fa ciò che loro non possono o non dovrebbero fare. Ed è anche ciò che fa Davide: egli si frappone fra il suo popolo e i loro nemici e sferra il colpo decisivo.

Tuttavia, i più grandi nemici del popolo di Dio sono Satana e il peccato. Se leggiamo attentamente e notiamo i modelli biblici, vediamo in questo testo l’ombra del Figlio più grande di Davide, il vero sostituto che si mette in mezzo al posto nostro, ottenendo una vittoria più grande.

Vedere noi stessi: Davide, Golia e la nostra storia

Ma il nostro lavoro non è ancora finito. Dopo aver iniziato a vedere Gesù seguendo questi indizi testuali e concetti presenti in tutta la Bibbia, possiamo cominciare a vedere anche noi stessi.

Possiamo riconoscerci negli Israeliti, che sono motivati dalla vittoria di Davide a unirsi alla battaglia e al saccheggio (1 Samuele 17:52-53). Non siamo soltanto chiamati a essere i beneficiari della grande opera sostitutrice dell’uomo “nel mezzo”, siamo anche chiamati a unirci al suo combattimento.

Possiamo vedere come la Scrittura crei questo collegamento con due affermazioni che si trovano in Romani, una all’inizio e una alla fine. Come i cristiani di Roma, anche noi crediamo nella buona notizia che il Figlio di Davide ora è il Signore (Romani 1:3-4), essendo morto per noi e avendo sconfitto i nostri nemici. E anche noi come i cristiani di Roma abbiamo ricevuto la promessa che Dio stesso presto schiaccerà Satana sotto i nostri piedi (Romani 16:20). Si noti la grammatica accurata di Paolo: Dio è colui che schiaccia Satana; si dà il caso che usi i nostri piedi. Siamo impegnati nella battaglia, ma ogni vittoria che riportiamo in essa non è opera nostra, ma opera di Dio (cf. 1 Corinzi 15:10).

Paolo probabilmente apprese tale interpretazione da Gesù. Quando il Figlio di Davide ascolta i resoconti dei suoi 70 discepoli tornati dalla missione, egli sottolinea che Satana sta cadendo alla sua posizione di potere, e che egli stesso ha dato loro l’autorità di camminare sopra scorpioni e serpenti, creature che raffigurano gli avversari spirituali del popolo di Dio sin da Genesi 3 (Luca 10:17-20).

Altrove, Paolo parla anche del combattimento cristiano, esortandoci a rivestire l’armatura del Messia e a prendere parte alla sua guerra contro il peccato e Satana (Efesini 6:10-20; cf. Isaia 11:5; 49:2; 52:17). Le armi della nostra guerra non sono fisiche. Così come Gesù ha combattuto con parole, con opere e con la croce, anche noi combattiamo con armi come la fede, la pace e la Parola di Dio, non con lance, fionde e pietre.

Tutto questo è allo stesso tempo profondamente umiliante. Non siamo noi gli autori di questa vittoria, e non siamo noi i veri campioni. È anche profondamente incoraggiante e nobilitante essere chiamati alla lotta. Vedere noi stessi richiede immaginazione e fede—la stessa immaginazione e fede con cui Gesù ha sconfitto definitivamente i giganti (Satana e il peccato). Per la grazia di Dio, siamo allo stesso tempo i beneficiari della grande vittoria di Dio e i protagonisti di questa battaglia dei secoli.

Guardare avanti: il ‘non ancora’ della vittoria di Davide

Nella storia di Davide vediamo Gesù e noi anche perché né per Davide né per il suo Figlio più grande la vita non è fatta solo di vittorie. Dopo il successo di Davide, la storia passa velocemente a un lungo periodo di tensione. Il re unto e il campione ora è disprezzato e respinto, inseguito ingiustamente da Saul.

Molti dei salmi di Davide diventano una sorta di modello per la vita di Gesù (non meno di cinque citano esplicitamente l’inseguimento di Davide da parte di Saul nel loro titolo). Nonostante il suo status di re unto, egli è respinto, gli viene dato da bere aceto (Salmo 69:21), le sue vesti vengono spartite e le sue articolazioni rotte (Salmo 22:16-18), viene calunniato e rifiutato dagli amici intimi che condividono il pane con lui (Salmo 41:9), subisce le accuse di falsi testimoni (Salmo 27:12), e così via.

La sofferenza di Davide fa da modello tipologico per il Figlio di Davide, unto ma rifiutato. E poiché i Salmi sono tuttora il libro di preghiera del popolo di Dio, essi parlano non solo del Messia ma anche della nostra esperienza. Siamo i figli amati di Dio che “erediteranno la terra” (Salmo 37:11; Matteo 5:5), ma ciò non elimina la sofferenza nel tempo presente.

Come Davide e suo Figlio, anche noi dobbiamo portare la nostra croce, negare noi stessi e resistere alle macchinazioni del Diavolo. Ma la buona notizia è che la sfida decisiva è già stata combattuta al Calvario. L’ira che avvertiamo da Satana è la furia di un nemico sconfitto (Apocalisse 12:12). Diversamente da Goliat, egli va ancora in giro ruggendo (1 Pietro 5:8); ma come Goliat, il suo capo è già stato schiacciato (Colossesi 2:15; Giovanni 16:11; Ebrei 2:14).


Jason Hood (PhD, Highland Theological College e Università di Aberdeen) è il pastore di North Shore Fellowship (PCA) a Chattanooga, Tennessee. È stato anche assistente professore di Nuovo Testamento presso il Gordon–Conwell Theological Seminary, ed è l’autore di Imitating God in Christ: Recapturing a Biblical Pattern.

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