Il sabato di attesa che precede la redenzione della domenica

Sto vivendo una stagione di attesa e non vedo nessuna fine in vista. Sono single, ma il mio cuore desidera un compagno, qualcuno con cui condividere il viaggio della vita. Sto aspettando questa persona da anni, ma oggi questa attesa sembra particolarmente pesante.

La vita non è andata come speravo o mi aspettavo. Immagino sia così per molti. Da questa parte dell’Eden, tutti noi desideriamo avere cose buone. Aspettiamo una moglie o un marito, ma ci viene assegnato il celibato. Aspettiamo dei figli, ma dobbiamo fare i conti con l’infertilità. Aspettiamo che un figlio prodigo torni a casa, ma sentiamo la sua assenza. Aspettiamo un lavoro, mentre le bollette si accumulano. Aspettiamo la pace, ma conosciamo il conflitto. Tutti noi siamo in attesa di qualcosa.

Storie di attesa

Spesso ci capita di descrivere la nostra vita in termini di libri e storie. Sto iniziando un nuovo capitolo. Non eravamo sulla stessa pagina. Quel lavoro è un capitolo chiuso adesso. Desiderando conoscere lo scopo dell’attesa e come andranno a finire le cose, molte volte ho pensato: potrei sopportare molto più pazientemente l’attesa se conoscessi lo scopo, se potessi vedere il finale.

È parte del perché amo le storie. Mi piace rileggere e rivivere un romanzo che adoro. Mi piacciono le pagine stropicciate e consumate dalla lettura. Mi piace la piega nel dorso che permette al libro di rimanere aperto sulla pagina della mia scena preferita. Mi piace sapere come finirà la storia.

Ma per quanto mi piaccia leggere un libro per la seconda, terza o quarta volta, c’è qualcosa di speciale nel leggere un nuovo romanzo. Lo leggo in modo diverso perché non so come finisce. Vivo gli alti e i bassi insieme ai personaggi. Aspetto con loro, cercando di capire quale direzione sta prendendo la storia, non sapendo però cosa aspettarmi. C’è un senso di aspettativa e di eccitazione nel capire come l’autore finalmente metterà insieme tutti i pezzi del puzzle.

Storie bibliche che parlano di attesa

Quando rileggo un libro e vedo chiaramente il traguardo, nella fretta di arrivare alla conclusione mi perdo la tensione dell’attesa. Sapendo cosa succederà, leggo un po’ più velocemente per arrivare al “vissero per sempre felici e contenti”.

Spesso faccio la stessa cosa con la Bibbia.

Credo che la maggior parte di noi lo faccia. Nelle storie che conosciamo bene leggiamo distrattamente le sezioni che parlano dei difficili tempi di attesa per arrivare subito alle parti buone, ai momenti di conclusione e di gioia. Anche se la nostra intenzione è buona, quando passiamo direttamente al finale ci perdiamo la storia e le sue emozioni in tutta la loro pienezza.

Mentre riflettevo su questa tendenza, mi venne in mente un libro che lessi qualche anno fa. L’autore parlava del modo in cui oggi celebriamo la crocifissione e la risurrezione. Celebriamo il Giovedì o il Venerdì Santo per concentrarci sulla morte di Cristo. Piangiamo per quanto egli ha sofferto. Ma poi, leggendo le Scritture come un romanzo amato e conosciuto, passiamo direttamente alla Domenica e celebriamo la risurrezione. Ci rallegriamo!

Ma che ne facciamo del sabato?

Che cosa provarono i discepoli il sabato? Tristezza? Torpore? Incredulità? Speranza? Hanno intuito qualcosa dell’imminente magnificenza del domani? Hanno pensato che gli ultimi tre anni della loro vita erano stati sprecati? Aspettavano un miracolo? Prima di passare al “Egli è risorto” della domenica, è importante riflettere sul sabato, pensare alla tristezza, alla delusione, e, soprattutto, all’attesa.

Il sabato dell’attesa

In un certo senso, la nostra vita è come un sabato. Piangiamo a causa del male che vediamo in questo mondo, ma sappiamo che alla fine Dio trionferà. Abbiamo una sorprendente speranza che va al di là di tutto quello che possiamo pensare o immaginare (Efesini 3:20). Ma oggi, per molti versi, stiamo aspettando il miracolo, stiamo aspettando la conclusione, stiamo aspettando di vedere e comprendere la storia più grande.

Le nostre vite sono piene di desideri e aspettative non soddisfatte. Aspettiamo. Ci diciamo che c’è uno scopo nell’attesa, ma spesso cerchiamo di scorrere in fretta le pagine della storia della nostra vita per arrivare a un capitolo migliore. Abbiamo la tendenza a non capire ciò che Dio sta facendo nei nostri cuori ora mentre viviamo nella tensione dell’ignoto.

In questa vita intravediamo parte dell’opera di Dio, ma non conosciamo tutta la storia. Piangiamo per lo stato in cui si trova questo mondo, e speriamo nella redenzione futura. Durante l’attesa veniamo sfidati e purificati.

Nei nostri sabati, è incoraggiante sapere che il silenzio del Signore non vuol dire che egli è assente. Che possiamo vivere nella speranza sempre presente della domenica futura, lo Shabbat eterno, pur vivendo nel sabato dell’attesa.  


Kelly Simpson si è laureata con un dottorato in terapia occupazionale presso la Nova Southeastern University e ha ottenuto un master in studi teologici presso il Reformed Theological Seminary. Quando non è impegnata a scrivere studi biblici, collezionare medaglie di partecipazione a corse o conseguire diplomi di specializzazione, lavora come terapista occupazionale nei reparti di terapia intensiva neonatale e pediatrica. Se vuoi leggere altre riflessioni interiori di Kelly, visita il suo blog I Think on Paper.

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