Che cosa direi alla moglie di Giobbe

Se conosci la storia di Giobbe nell’Antico Testamento, sai che egli aveva una moglie. Mentre Giobbe è noto a tutti per la sua profonda fede in Dio, sua moglie è nota per la sua risposta amara alla sofferenza quando disse al marito: “maledici Dio e muori” (Giobbe 2:9). Desidero che la sofferenza mi renda una persona migliore anziché una persona amara, tuttavia, se penso al dramma che ella visse, provo una grande compassione per la moglie di Giobbe.

Giobbe era un uomo talmente amato da Dio che Egli, sotto la Sua mano amorevole e potente, permise al nemico di mettere sottosopra ogni aspetto della sua vita (Giobbe 1:6-12). Egli subì grandi perdite e affrontò tremende sofferenze. Ogni perdita che Giobbe subì fu una perdita anche per sua moglie. Lei perse la sua casa, i suoi figli, la salute di suo marito, la sua sicurezza. Immagina la confusione e la sofferenza di questa donna. Suo marito subì questi attacchi a causa della sua fedeltà a Dio, ma lei fu colpita dalle schegge. Provo compassione per lei perché penso di capire un po’ come deve essersi sentita.

Il dolore delle ferite indirette

Non dico che mio marito (che è un pastore) affronti gli stessi attacchi del nemico che subì Giobbe, ma avverto gli effetti a catena delle sue ferite. A volte i dardi infuocati, scoccati per ferire mio marito, deviano il loro percorso e colpiscono me o i miei figli. Naturalmente, a volte è il peccato a causare le ferite. Le conseguenze negative del nostro peccato provocano danni indiretti indesiderati alla chiesa che serviamo. Ma ci sono anche gli attacchi spirituali. Ci sono volte in cui la pecora morde, in cui il carattere di mio marito viene attaccato, e in cui i miei figli sono vittime di osservazioni ingiuste e aspettative esagerate. Ho perso amici intimi molte volte quando non riuscivano a distinguere tra mio marito come loro amico rispetto al leader di chiesa nei confronti del quale hanno cominciato a risentirsi. 

Chi serve in un ministero va incontro a molte ferite che, come il dolore della moglie di Giobbe, sono indirette. Esse ci colpiscono quando i nostri mariti, i nostri figli, oppure le nostre chiese sono attaccate. Persone pronunciano parole di morte e distruzione, e il loro classico gesto finale sono le dimissioni da membri della chiesa, che mette così fine ad ogni opportunità di discussione o riconciliazione. Mi imbatto in queste persone al supermercato e vorrei nascondermi o dire parole poco gentili. Io e mio marito siamo una cosa sola, perciò quando lui soffre, io soffro.

Siamo nel ministero da oltre vent’anni, e sto imparando due cose importanti mentre navigo tra queste ferite indirette: la differenza tra stabilire dei confini ed erigere muri, e il mio bisogno di perdonare anziché alimentare l’amarezza.

Confini invece di muri

Confini e muri sono due cose distinte. Anni fa, dopo aver perso altri amici intimi, ho sentito che il mio cuore iniziava a ritirarsi. Mi convinsi che stavo stabilendo dei confini, ma in realtà, con il senno di poi, era un muro di auto-protezione. È facile permettere che un sano confine si trasformi in un muro se non stiamo attenti a distinguere la differenza. Il muro che avevo eretto mi permise di ritirarmi e nascondermi. Mi diede l’illusione di potermi proteggere da altre schegge di granata. 

Nella Scrittura vediamo che Gesù stabilì dei confini. Gesù non si fidava di tutti (Giovanni 2:24). Egli aveva la sua cerchia di discepoli, e all’interno di quella cerchia aveva alcuni compagni più vicini e fidati (Marco 14:33). Egli aveva dei confini con la sua stessa famiglia (Matteo 12:46-50). Avere dei confini nel ministero è una cosa sana, buona e necessaria. Occorre stabilire dei confini per poter perseverare nel lungo termine. I confini sono buoni sia per te che per gli altri.

I muri, invece, sono esclusivamente per se stessi. Mettono gli altri da parte. I muri ti tengono separato e alla fine, isolato. Come credenti, dobbiamo essere diligenti nel ricordare che il nostro obiettivo principale non è mai la nostra sicurezza. Il nostro obiettivo principale è la chiamata a servire gli altri.

Perdono oltre l’amarezza 

È giusto essere protettivi nei confronti delle nostre famiglie e della chiesa. Come moglie di un pastore, ho l’immenso privilegio di vedere dietro le quinte; vedo con quanta fedeltà mio marito si affatica per pascere il gregge che gli è stato affidato. Perciò è difficile gestire le ferite indirette che si subiscono quando le persone sono sgarbate e persino crudeli con mio marito, i miei figli o la chiesa.

Penso che la moglie di Giobbe debba essersi sentita allo stesso modo. Lei perse tanto quanto Giobbe, ma insieme al suo dolore si insinuò anche l’amarezza. Immagino che non sia successo tutto in una volta, ma che man mano che sopportava sempre di più il dolore, l’amarezza crebbe e fu ciò che la spinse a pronunciare quelle famigerate parole.

Uno dei modi di perseverare nel ministero nel lungo termine è essere intenzionali nel “togliere da [noi] ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria!” (Efesini 4:31), anche le ferite e le amarezze indirette. Ciò significa pregare per le persone che hanno ferito i tuoi cari, chiedendo a Dio di impartire loro ogni benedizione spirituale affinché diventino più simili a Cristo (Efesini 1:3). Significa avere fiducia che il Signore sarà il nostro scudo. Significa vincere il male con il bene (Romani 12:21). E infine, significa sapere che quando subentra l’amarezza, il danno maggiore lo subisce il mio cuore. Devo affidarlo al Signore.

Se potessi inserirmi nella storia come amica della moglie di Giobbe, la abbraccerei, pregherei con lei, e la supplicherei di aggrapparsi alla promessa. In questi ultimi giorni, infatti, Gesù adempie in modo glorioso la promessa che Giobbe e sua moglie videro nell’ ombra. In Cristo, vediamo il perdono, l'amore e la vittoria di Dio su Satana. Soltanto aggrappandoci a Gesù nel nostro dolore possiamo opporci alla tentazione di erigere muri, contrastare l’amarezza e perseverare nel ministero.


Kirsten Black e suo marito, Vince, si sono trasferiti a Fort Collins (Colorado) nel 2009 per fondare The Town Church. Kirsten si è laureata in counseling al Covenant Theological Seminary nel 2000 e attualmente è la Direttrice del supporto per le mogli di Acts 29. Kirsten e Vince sono gli orgogliosi genitori di cinque figli maschi.

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