Uno dei testi più tristi dell’Antico Testamento

Tre sezioni dell’Antico Testamento dedicano ampio spazio alla vita e all’epoca del Re Ezechia e rivelano che uomo buono e fedele egli fosse (2 Re 18-20; 2 Cronache 29-32; Isaia 36-39). Ricordiamo con piacere i suoi sforzi enormi nel guidare la nazione verso una riforma in conformità alla Torah, e siamo toccati dal sorprendente coraggio e dalla fiducia di Ezechia quando egli è costretto ad affrontare Sennacherib, il re di Assiria.

Nessuno di questi tre documenti veterotestamentari sorvola sui fallimenti morali di Ezechia. Due di essi (2 Re e Isaia) affrontano tuttavia uno dei suoi fallimenti attraverso un’ottica del tutto particolare che crea una narrativa di incomparabile tristezza. Per semplicità, mi concentrerò su Isaia 39:1-8 e richiamerò l’attenzione su tre particolari.

Contrasto morale 

Come molti racconti biblici, questo capitolo offre i dettagli di un sorprendente contrasto morale.

Dopo aver testimoniato la fede e il coraggio di Ezechia in Isaia 36-37, e dopo aver meditato sulla sua straordinaria preghiera in 37:14–20, non possiamo fare a meno di sentirci delusi quando leggiamo il suo lamento di autocommiserazione nel capitolo 38 e il suo sciocco vantarsi con gli ambasciatori di Babilonia in 39:1–2, che porta allo sconvolgente rimprovero divino in Isaia 39:5–7. Come può lo stesso uomo essere così buono e così malvagio, così saggio e così stolto, così diocentrico e così egocentrico? Vogliamo un po’ più di coerenza da parte dei nostri eroi e dagli esempi a cui ci ispiriamo. Il contrasto morale non è solo sorprendente, è pure scoraggiante.

Ma non è questo ciò che rende Isaia 39 uno dei testi più tristi dell’Antico Testamento. Non c’è niente di superlativo in questo racconto: finora, è abbastanza triste ma certamente non il più triste. Abramo, il grande uomo di fede e il padre dei credenti, mente così spudoratamente da mettere in pericolo la vita di sua moglie; Mosè, l’uomo più umile di tutti, scarica la sua frustrazione colpendo la roccia con rabbia; Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio, non solo è un padre riprovevole ma un adultero e un omicida.

E se cerchiamo esempi nel Nuovo Testamento, è facile pensare a Pietro, l’apostolo a cui il Padre rivela chi è Gesù eppure lo rinnega tre volte. Vero, c'è un gruppo ristretto di personaggi nella Bibbia dei quali non viene detto niente di negativo (per es., Giuseppe, Daniele, Ester), ma il loro numero è ampiamente superato da coloro le cui vite sono contraddistinte da sconfortanti contraddizioni e profondi contrasti. Ezechia è uno di questi.

Perversione della provvidenza

Pur aderendo a qualche forma della dottrina della provvidenza, Ezechia la distorce a suo vantaggio. Si prostra davanti alla sovranità di Dio ma la applica alla sua vita con intenzioni malvagie: si sottomette incondizionatamente alla volontà di Dio al fine di proteggere i suoi desideri egoistici. Quando alcuni inviati da Babilonia arrivano in Israele, Ezechia mette in pericolo il regno vantandosi della propria ricchezza. Dio rimprovera Ezechia attraverso il profeta Isaia, avvertendolo del giudizio rovinoso che lo aspetta: la ricchezza del regno “sarà trasportata a Babilonia; e non ne rimarrà nulla” (Isaia 39:6). Oltre a ciò, il disastro imminente avrà una dimensione personale: “Saranno presi alcuni dei tuoi figli, usciti da te e da te generati, per farne degli eunuchi nel palazzo del re di Babilonia” (39:7).

Quale fu la risposta di Ezechia? “La parola del SIGNORE che tu hai pronunciata, è buona” (39:8). A prima vista, si potrebbe pensare che Ezechia non desideri altro che la volontà di Dio, anche se essa comporta un giudizio. Ma l’ultima riga del versetto 8 tradisce il suo cuore egoista. Ezechia può mostrarsi così fiducioso sul tremendo giudizio che pende su di lui e la sua dinastia perché pensa: “Ci sarà almeno pace e sicurezza durante la mia vita” (39:8).

Confrontiamo la sua reazione davanti alla minaccia di un giudizio con quella di Davide. 

In seguito all’adulterio e all’omicidio da lui commesso, a Davide viene detto che il giudizio colpirà la nazione e che il figlio che gli è nato da Bat-Sceba morirà. Davide si ravvede del suo peccato, e il profeta Natan dichiara: “Il SIGNORE ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai. Tuttavia, siccome facendo così tu hai dato ai nemici del SIGNORE ampia occasione di bestemmiare, il figlio che ti è nato dovrà morire” (2 Samuele 12:13-14). Per tutta la settimana successiva, mentre il bambino lottava per la vita, Davide si distese per terra e si rifiutò di prendere cibo.

Il neonato alla fine muore, e i servitori di Davide non osano dare la notizia al loro padrone. Ma quando la tragica notizia viene riferita, Davide si lavò, si cambiò le vesti e si unse, adorò il Signore, poi si sedette per mangiare. Rispondendo ai servitori che lo guardavano confusi, Davide dimostra di essere molto diverso da Ezechia:

Egli rispose: «Quando il bambino era ancora vivo, digiunavo e piangevo, perché dicevo: Chissà che il SIGNORE non abbia pietà di me e il bambino non resti in vita? Ma ora che è morto, perché dovrei digiunare? Posso forse farlo ritornare? Io andrò da lui, ma egli non ritornerà da me!» (2 Samuele 12:22-23)

Davide sente pronunciare il giudizio di Dio e sa che esso è meritato, ma riconosce anche che Dio è più che volontà bruta. Dio interagisce con il suo popolo ed è un Dio misericordioso: nonostante il decreto divino, forse il bambino sarà risparmiato.

Anche Ezechia riconosce la volontà di Dio, e anch’egli sa che il giudizio pronunciato da Dio è meritato, ma le sue affermazioni sulla volontà di Dio sono ciecamente egoistiche. Egli non intercede per il popolo su cui regna. Anche quando gli viene detto che alcuni dei suoi discendenti verranno castrati nella meschinità della guerra, egli rimane impassibile. Questo re che ha avuto il coraggio di affrontare Sennacherib ora non si preoccupa di nessuno, nemmeno dei suoi figli e nipoti, più di quanto si preoccupi per se stesso. Di questo re una volta si diceva:

Egli mise la sua fiducia nel SIGNORE, Dio d'Israele; e fra tutti i re di Giuda che vennero dopo di lui o che lo precedettero, non ve ne fu nessuno simile a lui. Si tenne unito al SIGNORE, non cessò di seguirlo, e osservò i comandamenti che il SIGNORE aveva dati a Mosè. Il SIGNORE fu con Ezechia, che riusciva in tutte le sue imprese. (2 Re 18:5-7)

Ma Ezechia finisce per avere un orizzonte non più vasto della propria comodità. C’è una nota di tristezza in questo racconto.

Giudizio e speranza

Ezechia è la dimostrazione tangibile di uno dei grandi temi di Isaia 40-66. Per certi versi, questo triste capitolo, Isaia 39, annuncia uno dei temi che riecheggiano nel resto della profezia. Il focus del profeta si alterna tra vitalità spirituale e condanna catastrofica. Dio è incommensurabilmente misericordioso; Israele è incommensurabilmente infedele (Isaia 43:14-28). Israele è scelto da Dio; Israele serve idoli vani (Isaia 44) e si dà all’iniquità e all’ingiustizia (Isaia 59). Gerusalemme sarà ristabilita (Isaia 44:24-28; 51:1-16; 54) e Israele sarà liberato (Isaia 48:12-15; 49:8-21), ma con la salvezza viene il giudizio (Isaia 65).

Anche negli ultimi due capitoli, troviamo sia giudizio che speranza: i nuovi cieli e la nuova terra, insieme a tragici fallimenti e morte.

Sia come singoli leader o come popolo del patto di Dio, siamo chiamati ad andare avanti—a imitare gli esempi di fede coraggiosa e a piangere amaramente per gli esempi di spietato egoismo. La voce del Padrone esaltato continua a dire: “Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita” (Apocalisse 2:10).

Nota editoriale: 

Questo articolo è tratto da “Uno dei testi più tristi dell'Antico Testamento” di Don Carson, pubblicato su Themelios 47, n.3 (Dicembre 2022). Accedi alla rivista completa online.


Don Carson è professore emerito di Nuovo Testamento presso la Trinity Evangelical Divinity School a Deerfield, Illinois, e co-fondatore e teologo generalista di The Gospel Coalition. Ha curato e scritto numerosi libri. Lui e sua moglie, Joy, hanno due figli.

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