Un appello alla giustizia, alla restaurazione e al rinnovamento

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Aprile 2021

“Poco meno di un anno fa assistevamo ai finali, lunghissimi 9 minuti e 20 secondi della vita di  George Floyd, con il ginocchio pesante, asfissiante ed omicida sul suo collo di Derek Chauvin. Da lì a poco scoppiarono violenti ed esasperati disordini. E si invocava che giustizia venisse fatta. 

Finalmente, pochi giorni fa, una giuria statunitense ha emesso il verdetto. Il poliziotto Derek Chauvin è stato dichiarato: colpevole, colpevole, colpevole. Le risultanti scene di esultanza della famiglia e degli amici di Floyd hanno colpito e commosso. Ma in particolare mi ha colpito una frase detta, tra le lacrime, da una donna di Minneapolis: “Let the healing work begin” - Che la guarigione inizi. E poi ha aggiunto: “Ravvedimento, rendicontazione, rispetto. Non puoi avere guarigione senza ravvedimento”. 

Per capire meglio il senso di quanto si è vissuto, proponiamo una dichiarazione redatta da Acts 29 appena dopo i fatti del 25 maggio 2020. 

La leggiamo adesso con il senno del poi. Ma anche noi chiediamo che ovunque ci sia bisogno di guarigione, laddove ci sono strappi, tensioni, faziosità, che vi possa davvero essere il ravvedimento e che la guarigione vera abbia inizio”. (JD Gilmore)


Il 25 maggio 2020, George Floyd, un uomo afroamericano, è morto per mano di agenti di polizia a poca distanza dal centro di Minneapolis, Minnesota. Floyd è stato ammanettato e messo a faccia in giù in una strada della città, mentre Derek Chauvin, un agente di polizia bianco di Minneapolis, teneva premuto il suo ginocchio sul lato destro del collo di Floyd per circa 9 minuti, di cui quasi 3 dopo che Floyd aveva perso conoscenza. Dopo anni di violenze documentate nei confronti della comunità afroamericana, questo episodio ha scatenato un movimento nazionale di protesta contro il razzismo sistemico che ancora oggi è diffuso nella nostra nazione. 

Piangiamo la morte di George Floyd e ci stringiamo attorno alla sua famiglia, alla comunità locale e alla grande comunità afro-americana in tutta la nazione unendoci al loro cordoglio. Tuttavia, siamo certi che Dio vede, ascolta, sa ogni cosa ed è rattristato insieme a noi. Nessuno sa che cosa vuol dire perdere una persona amata a causa di un atto di ingiustizia e odio meglio del nostro Dio e Padre, che ci ha dato volontariamente suo Figlio. Ciò che vediamo non è giusto, perciò oggi gridiamo: “Fino a quando, Signore? Fino a quando la giustizia tarderà? Fino a quando il colore della pelle di una persona metterà in pericolo la sua vita?” 

La supplica di George Floyd prima di morire: “Non riesco a respirare”, è diventata uno slogan per chi ha vissuto sulla sua pelle la stretta soffocante dell’oppressione e dell’ingiustizia sociale. Il razzismo fa innegabilmente parte del tessuto di questa nazione, dal nostro trattamento dei nativi americani, all’istituzione della schiavitù, dalle politiche segregazioniste e alle leggi di Jim Crow, dalla pratica illegale delle banche di non concedere mutui in determinate aree urbane, ai comportamenti moderni (palesi o nascosti) in continua evoluzione in campo economico, politico, sociale e religioso. Uomini e donne di colore vivono sotto l’ombra assai pesante di una sofferenza generazionale che è il risultato di gravi disuguaglianze e ingiustizie. 

La nostra unica speranza passa attraverso un ravvedimento incentrato sul Vangelo. Come società, dobbiamo fare i conti con la nostra storia oscura e le sue perduranti implicazioni, convertirci sinceramente a Cristo e agire in modo compassionevole e coerente. Come individui, dobbiamo ravvederci della nostra empietà, del peccato che abbiamo commesso apertamente, o di cui siamo stati complici, o che abbiamo commesso semplicemente con il nostro silenzio o con la nostra indifferenza. E dobbiamo unirci per denunciare il male che è stato commesso, nonché il sistema che lo sostiene. Non dobbiamo starcene con le mani in mano. La vera riconciliazione, uno degli aspetti più belli del vivere in una comunità, non si ottiene senza il confronto e senza azioni di risposta, che fanno parte della grande responsabilità del vivere in una comunità.

Esprimiamo la nostra gratitudine per le forze dell’ordine e i funzionari eletti che sono consapevoli della responsabilità che Dio ha dato loro di servire e proteggere tutti i cittadini. È una grande responsabilità portare un distintivo e impegnarsi a servire nel ruolo di compassionevole primo soccorritore, sempre pronto ad affrontare il pericolo per battersi per le vite dei cittadini affidati alla propria cura e protezione. Ringraziamo Dio per il personale paramedico che mette a rischio la propria vita per aiutare gli altri, e per i leader che si adoperano coraggiosamente per la pace, la giustizia e l’unità. Tuttavia, ci addolora l’abuso del potere che ingiustificatamente causa del male alle persone senza un giusto processo. Rivolgiamo un appello ai funzionari delle forze di polizia e ai politici locali affinché intervengano per porre fine ai fallimenti sistematici nel servire e proteggere i nostri cittadini, in modo da promuovere unità e intesa nelle nostre città e nella nostra nazione. 

Piangiamo con gli uomini e le donne di colore per i quali la morte di George Floyd è diventata l’emblema di un’ingiustizia di vecchia data, che ha fatto scoppiare proteste pacifiche, seguite da disordini e saccheggi illegali. È nostra preghiera che il male venga denunciato e che Dio protegga coloro che si impegnano concretamente per servire e proteggere le nostre città. Come dice il Salmo 127: “Se il Signore non protegge la città, invano vegliano le guardie”. 

Rivolgiamo pertanto un appello ai politici a livello locale, statale e nazionale negli Stati Uniti affinché intervengano rapidamente per far fronte ai fallimenti sistemici che consentono gli abusi di potere contro i cittadini della nostra nazione e mettano in atto i cambiamenti radicali necessari per garantire la giustizia a tutta la popolazione. Preghiamo affinché essi possano guidare con saggezza, integrità, coraggio e che ricerchino la vera giustizia. 

Le prime pagine della vasta narrativa biblica dimostrano con forza che gli esseri umani sono fatti a imago Dei, a immagine e somiglianza di Dio (Genesi 1:26-28). L’origine della nostra dignità è Dio stesso. Ciò è vero per ogni persona in ogni luogo e qualunque sia il colore della pigmentazione della sua pelle, qualunque sia la sua esperienza, contesto, nonché inclinazione spirituale. Gemiamo insieme a tutta la creazione, nell’attesa del giorno della nostra redenzione (Romani 8:18-25), aspettando il giorno in cui ci sarà giustizia e misericordia perfetta con la restaurazione e il rinnovamento di tutte le cose (Apocalisse 21:1-6). Riconosciamo che come popolo di Dio siamo chiamati a vivere come stranieri e pellegrini e a cercare il bene di questo mondo, ovunque ci troviamo (Geremia 29:4-9; 1 Pietro 2:9-11). 

Ci impegniamo dunque a pregare e a lavorare per il bene delle nostre città e delle nostre nazioni, per tutti gli uomini. A parlare in favore del muto (Proverbi 31:8-9). A compiere buone opere motivati dal Vangelo (Tito 2:11-13). A contrastare l’ingiustizia (Isaia 1:17). Guideremo le nostre chiese affinché si adoperino per ricostruire le fondamenta che portano alla speranza. Questo è ciò che significa applicare la dignità dell’imago Dei in modo pratico. Questa è nostra supplica: “Signore, venga il tuo regno e sia fatta la tua volontà come in cielo anche in terra”.

Il cuore di Dio è per gli ultimi, i minimi, gli oppressi, gli emarginati, per la sterile e per il povero. È per questo motivo che nella Scrittura Dio si è sempre mosso verso gli afflitti. È per questo che il più giovane Abele fu preferito a Caino, che a Sara la sterile fu dato un figlio, che la sgraziata Lea portò in grembo la discendenza del Messia al posto di Rachele, che Davide l’ultimo figlio fu scelto come re al posto di Saul. Il cuore di Dio è sempre per chi ha il cuore rotto; la salvezza è venuta per mezzo del corpo spezzato del nostro Salvatore. La pura grazia di Dio che è stata all’opera nella nostra condizione di perdizione ci chiama ad andare verso gli afflitti secondo lo stesso modello e secondo l’immagine del suo carattere e della sua opera nella Scrittura.

Pertanto, la chiamata ad amare il nostro prossimo non è condizionata (Marco 12:30-31). Razza, religione, affiliazione politica, o qualunque sia la nostra percezione del valore di una persona di ricevere dignità e amore non possono in alcun modo annullare questa chiamata (Luca 10:29-37). Siamo chiamati a servirci gli uni gli altri, a rimarginare le ferite personali, a fasciare le ferite e a ristabilire quelli che soffrono a causa dell’ingiustizia, perché è qui che si vede la presenza e l’opera di un Salvatore che ha sofferto l’ingiustizia assoluta. Mediante le sue ferite noi siamo stati guariti (Isaia 53:5). Anche se abbiamo visto che violenza genera altra violenza in città di tutta la nazione, preghiamo che lo Spirito di Dio porti pace e ci spinga, come popolo di Dio, ad essere costruttori di pace piuttosto che dei semplici pacieri (Matteo 5:9). 

Noi siamo convinti che la chiesa è la più grande speranza per mostrare che cos’è l’unità nel mezzo di divisioni sempre più profonde (Efesini 2:11-22). Le chiese fungono da straordinarie centrali di fede, che trasmettono vera potenza per mezzo di un Salvatore spezzato che porta vera redenzione e unità. Tuttavia, riconosciamo che, troppo spesso, le nostre chiese sono coinvolte in narrative politicizzate, dimenticando la nostra appartenenza al nostro unico vero re, Gesù Cristo. Pertanto ci ravvediamo per esserci comodamente allineati a un potere mondano, compromettendo così la nostra testimonianza cristiana e la voce profetica del popolo di Dio. Rivolgiamo un appello ai cristiani affinché uniscano le loro forze nell’unità dello Spirito e con il vincolo della pace, per contrastare e combattere l’ingiustizia e per gridare tutti insieme per coloro la cui voce è troppo debole per essere sentita. Questa non è una battaglia secondaria; fa parte della nostra chiamata a combattere il peccato e la morte. Fa parte del prendere la croce e seguire Gesù, colui che le porte dell’Ades non potranno vincere.

Come famiglia globale e diversificata, le chiese di Acts 29 sono pronte a impegnarsi fattivamente per ricercare la restaurazione e il rinnovamento di tutti i popoli per la gloria di Dio. Che il Signore ci aiuti. 


Acts29 - Un famiglia globale e diversificata di chiese che fondano chiese

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