Perché la quarantena mi ha fatto arrabbiare così tanto?

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Posso dirlo? Non sono la persona che pensavo di essere. Posso ammetterlo? Ultimamente ho fatto cose di cui non vado fiero.

Pensavo di essere una persona paziente, di avere autocontrollo. Ma nell’ombra del lockdown imposto dal coronavirus, una creatura è emersa dal sottobosco, e non è un virus. E’ una tigre con il mal di denti.

Sono io.

Improvvisamente sono più arrabbiato che mai, arrabbiato con le persone che amo di più. Che succede? Peccato? Certo, ma perché questo peccato? Perché questa rabbia in questo momento? Perché il lockdown ha scatenato una crisi di nervi su una scala senza precedenti?

Perché siamo arrabbiati?

Non sono l’unico. Ho amici che hanno ammesso che non si stanno isolando soltanto dagli estranei, ma anche dai familiari conviventi, per non impazzire. Forse il Signore sta facendo una cosa buona al presente, rivelando cose su di noi, mostrandoci la nostra spazzatura. Forse egli sta rivelando la sua pienezza, anche nel bel mezzo delle nostre lotte.

I piani mandati all’aria ci rendono arrabbiati. Avevo dei piani, tu li hai fatti saltare, e adesso sono arrabbiato. Dover cancellare i nostri piani può provocare frustrazione, e il coronavirus ha fatto proprio questo—al massimo livello. Ma che dire di quelle volte in cui qualcuno sfreccia davanti alla tua auto dopo che hai aspettato 10 minuti per immetterti in autostrada? Questo è un genere diverso di rabbia. Sono arrabbiato perché quel guidatore mi ha offeso. In realtà sta dicendo: “Io non devo aspettare perché sono molto più importante di te”. E ora speriamo (segretamente) in una vendetta. Forse sarà fermato dalla polizia, o forse bucherà una ruota.

Dove si finisce? Nella rabbia! E improvvisamente una luce illumina gli antri tenebrosi della mia anima. Non siamo quelli che dovremmo essere.

Che cosa provoca la rabbia? E’ un soggetto complicato, vero? Sicuramente! E non possiamo trattarlo interamente qui. Quello che spero di fare è sondare almeno in parte le particolarità di ciò che la Scrittura dice sulle radici dell’ira, perché qui ci viene rivelato ciò che è brutto, ma anche ciò che è bello.

David Konstan, nel suo magnifico libro del 2006 Le emozioni degli antichi greci, osserva che noi abbiamo ereditato molto da Charles Darwin in termini di come pensiamo alle emozioni. Per Darwin, le cose erano esterne e irrazionali. Questa è la prospettiva che tendiamo ad assumere.

Ma come osserva Konstan, le emozioni in generale––e la rabbia in particolare––hanno più a che fare con le motivazioni percepite degli altri, e anche con la loro posizione rispetto a noi. Se una donna viene spintonata sulla schiena, potrebbe sentirsi infuriata o grata, a seconda delle circostanze e delle motivazioni percepite. Se viene spintonata perché non è andata avanti nella fila del supermercato, sarà giustamente furiosa: “Come hai osato toccarmi!” Ma se stava attraversando la strada e qualcuno l’ha salvata da un’auto in transito, sarebbe piena di gratitudine.

Qual era la radice della rabbia agli occhi degli antichi greci? Per Aristotele, una causa importante era la percezione di sé di una persona e di come era vista dagli altri. La rabbia nasce quando ti senti offeso perché un altro si è messo sopra di te. A questo punto, dice Aristotele, ci infuriamo, e poi desideriamo il piacere di vedere l’altro abbassato.

Misericordia sovversiva

Quale confronto possiamo fare con la Scrittura? E’ in accordo, perlomeno come inizio. Perché l’ira di Dio viene rivelata, secondo Romani 1:18-32? Perché piccoli esseri umani trattano Dio, il Creatore, come se egli fosse inferiore a loro—riducendo la sua gloria in immagini di animali, uccelli e rettili che strisciano. Perché il re in Matteo 18:34 si adirò quando il servo che egli aveva perdonato non perdonò a sua volta? Su un piano, perché il servo si credeva superiore persino al suo padrone. Perché il signore era arrabbiato con gli invitati che avevano rifiutato il suo invito al banchetto in Luca 14:21? Essi consideravano i loro affari più importanti, disprezzando così quell’uomo. E perché il fratello maggiore era arrabbiato—tanto da rifiutarsi di partecipare alla festa––in Luca 15:28? Egli era indignato perché il fratello più giovane, che aveva uno status inferiore al suo, era stato improvvisamente onorato al di sopra di lui.

Penso che tutto questo faccia luce nei recessi oscuri delle nostre anime, specialmente nel contesto del lockdown. Perché i miei figli dovrebbero importunare me, perché il mio compagno di stanza dovrebbe disturbare me, quando potrebbe disturbare una “persona inferiore” a casa, come mia moglie o un altro inquilino? Non sono io molto più importante di queste persone? Il mio tempo non è più prezioso? E così le tenebre dei nostri cuori vengono rivelate.                                                                                                                                 Ma che cosa impariamo veramente da Romani 1, Matteo 18, Luca 14 o Luca 15? Ogni storia contiene una narrativa più profonda di un Dio che inizia o finisce in modi che vanno in direzione opposta, ove possibile, alla rabbia— che spingono infatti verso la misericordia. Egli era colui che ha perdonato l’enorme debito di quell’uomo. Egli era colui che ha invitato delle nullità al suo banchetto. Egli era colui che ha riaccolto il fratello più giovane come un re.

Il messaggio sovversivo che emerge ripetutamente è che Dio è amore. Egli è misericordioso e pietoso, e diversamente da noi egli è lento all’ira (Neemia 9:31; Esodo 34:6; Numeri 14:18; Salmo 86:5, 15; 103:18; Gioele 2:13). E nel suo Figlio egli ha offerto perdono e vita eterna, per tutti quelli che umilieranno se stessi e correranno a lui.

Mettere gli altri prima di noi

Uscendo dal lockdown, sono stato sfidato a riflettere su che cosa posso imparare. Anziché limitarmi a pensare: Bene, questo periodo finalmente è alle spalle”, che cosa posso imparare da esso?

Questa è la mia risposta: anche gli altri hanno una dignità. Gli altri sono importanti come me. Non è questo biblico?

Ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso. . . . Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo. (Filippesi 2:3, 5-7)

Lo stesso atto che ha portato la salvezza ci insegna che dobbiamo fare la stessa cosa, in altri modi.


Bruce Lowe è assistente professore di Nuovo Testamento presso il Reformed Theological Seminary di Atlanta. Lui e Rachel hanno cinque figli. Amano camminare e parlare insieme della vita e del Signore.

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