Come saziare la fame di Gesù della Generazione Z

Lo Spirito di Dio si sta muovendo nei cuori e nelle menti della Generazione Z. I ministeri per gli studenti universitari e le chiese dell'intero paese hanno visto l’impossibile diventare realtà: riunioni settimanali e piccoli gruppi sono pieni zeppi di persone. In meno di un anno, le presenze settimanali al ministero per gli studenti universitari sono raddoppiate. Pare che lo Spirito Santo stia preparando giovani adulti ad essere più spiritualmente affamati delle generazioni precedenti.

La consapevolezza di questa fame generazionale ci ha portato a ricalibrare il nostro modo di evangelizzare e discepolare la Generazione Z. Anche se questi sforzi non possono spiegare fino in fondo il rinnovamento spirituale a cui stiamo assistendo (dopotutto, è un’opera di Dio) vogliamo suggerire cinque pratiche ministeriali che possono aiutare le chiese a raggiungere la seconda più giovane generazione americana.

1. Predica il ravvedimento e il perdono come stile di vita.

In un mondo di plastica, digitalmente perfezionato, la Generazione Z ha fame di trasparenza. Ma l’onestà crea un rischio enorme. E se fossi escluso? E se non piacessi alle persone? E se sono troppo? Il vangelo crea un contesto nel quale parlare onestamente delle nostre imperfezioni non esclude la possibilità di essere accettati. Infatti, come Tim Keller ha scritto nel libro Il matrimonio: “ll vangelo è questo: siamo più peccaminosi e corrotti in noi stessi di quanto avremmo mai osato credere, ma allo stesso tempo in Gesù Cristo siamo più amati e accettati di quanto avessimo mai osato sperare”.

Ecco perché nei nostri sermoni enfatizziamo il ravvedimento e il perdono non come eventi isolati ma come stile di vita. Da un lato, la chiamata a vivere una vita di ravvedimento ricorda alla Generazione Z che non è perfetta e che è stata invitata da Dio a confessare onestamente i suoi peccati in comunità. Dall’altro lato, la promessa di perdono definitivo comunica che nessun peccato ci esclude dalla comunione con Dio o con gli uomini.

Invece di aggirare le questioni spinose che affliggono la Generazione Z come il sesso, la sessualità, il gender e le dipendenze (che potrebbe perpetuare cicli di nascondimento e vergogna) dobbiamo affermare la bontà della confessione e dell’assoluzione comunitaria come parte costante della santificazione che dura tutta la vita. Quello che Giovanni ha scritto deve essere ribadito in tutti i nostri sermoni: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9).

2. Enfatizza l’appartenenza.

La Generazione Z—stremata dal vuoto e dall’isolamento dell’individualismo online —vuole sentirsi parte di qualcosa di più grande. Essa anela non solo ad un senso individuale di scopo, ma ad uno scopo comune radicato in un profondo senso di appartenenza.

Il problema di molte chiese non è quello di offrire troppa appartenenza (per es., invitare impropriamente i non-cristiani a diventare membri, ricevere i sacramenti o insegnare) ma di offrirne troppo poca. Non di rado, le chiese creano delle barriere chiedendo alle persone di credere prima che esse possano sentirsi parte della chiesa. Inoltre, esse creano pochissimi spazi perché questo senso di appartenenza possa svilupparsi. Per questo motivo, nella nostra chiesa, pianifichiamo innumerevoli eventi sociali e organizziamo fine settimana relazionali intensivi (ritiri, gite) per aiutare gli studenti della Generazione Z ad entrare in contatto con la chiesa. Ecco perché sfidiamo leader e membri di chiesa a conoscere nuove persone e assicurarsi che non rimangano mai sole.

Nell’ultimo anno, abbiamo ripetuto la frase “Il vostro posto è qui” tantissime volte. La diciamo nei sermoni. La enfatizziamo nei piccoli gruppi. Facciamo dei cartelli e li portiamo ai campus universitari. Quando gli studenti arrivano, li accogliamo con queste parole e ricordiamo loro che il loro desiderio di unirsi a una causa e di fare del bene nel mondo può essere soddisfatto solo dal Re di giustizia, bontà, verità e bellezza.

La maggior parte delle conversioni a cui abbiamo assistito sono avvenute non perché le persone hanno creduto nel vangelo e poi hanno trovato il loro posto nella comunità. È vero il contrario: erano dei nostri, hanno visto le nostre vite, hanno desiderato che il vangelo fosse vero e poi hanno scoperto che lo è veramente.

3. Pratica un’ospitalità fuori dal comune in chiesa e a casa.

Parlare di appartenenza non è sufficiente. Le chiese devono essere estremamente ospitali con la Generazione Z. Per noi, questo significa che dalla prima volta che uno studente universitario viene in chiesa al giorno che si trasferisce, pratichiamo intenzionalmente un’ospitalità fuori dal comune. Sorridiamo quando salutiamo le persone. Impariamo i loro nomi. Li mettiamo immediatamente in contatto con altri membri. Continuiamo a seguirli dopo che se ne vanno. Gli facciamo sapere che ci mancano se non si fanno vivi da un po’. Prepariamo i leader per invitare gli studenti a pranzare o cenare nelle loro case.

Dopo aver passato più di un anno in isolamento durante un lockdown globale, la Generazione Z ha fame dell’ospitalità che Gesù ha mostrato indistintamente a peccatori, discepoli e farisei. Il suo ministero era una festa mobile che violava le norme culturali (chiedere alla donna che pulì i suoi piedi con le sue lacrime) così da poter comunicare una verità profonda mediante l’azione: Dio vuole anche te alla sua tavola.

Le chiese devono incoraggiare e aiutare le generazioni più anziane ad appropriarsi di questa missione. La Generazione Z non vuole solo un pasto gratis; vuole relazioni basate sul mentoring. I credenti più anziani vanno sfidati a non andare semplicemente in pensione, ma ad usare il tempo che hanno in più per trasmettere il buon deposito del vangelo alle generazioni future. Questo può avvenire formalmente attraverso programmi di mentoring o incoraggiando i membri di chiesa più anziani a guidare piccoli gruppi per i giovani. Ma può avvenire anche informalmente la domenica mattina, davanti ad un caffè o tramite un invito a pranzo.

4. Adotta un’adorazione espressiva e partecipativa.

Un invito alla cautela qui. Ci sono quelli che dicono che la Generazione Z vuole un certo stile di musica, di liturgia o di illuminazione. La verità, naturalmente, è che la Generazione Z è variegata. Alcuni saranno attirati dalle Chiese Basse e altri dalle Chiese Alte. Alcuni si prenderanno gioco della nebbia e delle luci e altri andranno in cerca di queste cose. Alcuni vogliono strumenti e voci tradizionali, mentre altri vogliono chitarre e batterie a tutto volume. Da quello che abbiamo visto, non c’è un culto di adorazione per la Generazione Z uguale per tutti.

Ma abbiamo notato un tema ricorrente in tutte le tradizioni: i giovani della Generazione Z non vogliono restare ai margini durante l'adorazione. Essi vogliono imparare i canti e cantarli a squarciagola. Vogliono usare i loro corpi—sia che questo significhi alzare le mani o inginocchiarsi. Vogliono pregare e incontrare Dio nei loro cuori e nella congregazione. Vogliono esprimere ciò che hanno scoperto essere vero: Gesù è il Re. Vogliono essere consapevoli delle persone che li circondano. Non stanno cantando da soli a Gesù. Stanno cantando al popolo di cui fanno parte, con loro.

A seconda della tua tradizione, il tuo culto di adorazione potrebbe apparire passivo al partecipante medio della Generazione Z. Che si tratti di “musica speciale” che sembra più una performance, di corpi che se ne stanno immobili o di bocche che cantano in modo esitante—tutto questo comunica alla Generazione Z che forse non credi realmente in ciò che dici di credere. Quindi, non pensare al tuo culto di adorazione come ad un prodotto da consumare passivamente ma come ad un atto comune di coinvolgimento intergenerazionale. Invita tutti i membri a darsi all’adorazione, e lascia che lo zelo per il Signore della Generazione Z incoraggi i cuori degli adoratori più giovani e più anziani di loro. La chiesa locale è nella sua espressione migliore quando anziani e giovani si incoraggiano a vicenda con la loro adorazione.

Il bello è che questo può essere fatto in chiese con liturgie rigide o liturgie più flessibili, tradizioni alte o tradizioni basse, chitarre o organi. Spesso però sarà necessario sfidare i membri più anziani ad uscire dalla loro zona di comfort o almeno a non rivolgere obiezioni a coloro che adorano in maniera più espressiva.

5. Rivitalizza il sacerdozio di tutti i credenti.

La Generazione Z è piena di giovani desiderosi di costruire e guidare. Sono attratti dagli influencer per ragioni buone e cattive. Nel migliore dei casi, non è perché desiderano fama, ma perché vogliono influenzare il loro mondo. Vogliono fare qualcosa di importante. Invece di essere cinici nei confronti delle istituzioni o decostruirle, la Generazione Z potrebbe essere la generazione che le ricostruisce. Vogliono essere coinvolti nel progetto positivo di costruzione e rinnovamento. Hanno fame di essere in missione.

Questo è il motivo per cui abbiamo cercato di resistere alla tendenza di avere del personale retribuito che svolge tutto il ministero e prende tutte le decisioni. Invece, invitiamo la Generazione Z nella stanza dei bottoni. Li sfidiamo a guidare i loro coetanei, e cerchiamo il loro input sulle decisioni importanti. Cerchiamo il più possibile di affidare loro le chiavi del ministero e di lasciarli liberi di guidare.

Naturalmente, questo produce la sua buona dose di incidenti e problemi, ma se crediamo veramente a ciò che Pietro ha scritto, cioè che siamo un sacerdozio regale (1 Pietro 2:9; Esodo 19:6), allora è imperativo agire di conseguenza.

Metti Gesù al centro

Nessuno dei punti precedenti contiene qualcosa di nuovo. Ciascuno di essi è radicato nella tradizione antica della chiesa. Ma questo non dovrebbe sorprenderci. La Generazione Z vive nella pioggia radioattiva lasciata dall’Illuminismo. Il paesaggio devastato racconta una storia: Dio è assente o distaccato, e l’io è l’unica cosa che può sostituire Dio. Questo ambiente è ostile alla vita, lasciando tutti (ma specialmente i giovani) affamati di vitalità spirituale. Il deserto nucleare chiede di diventare nuovamente un giardino.

Intorno a loro ci sono le rovine fatiscenti della chiesa. Essi vedono che un tempo qui sorgevano grandi edifici, ampi pascoli, alberi lussureggianti e fertili campi agricoli. Avvertono quindi una dissonanza: Perché sto mangiando del cibo spirituale spazzatura in una distopia digitale mercificata quando esiste qualcosa di migliore?

La fame chiede di essere saziata. Essa indica il fatto innegabile che può essere saziata. La Generazione Z, che trovi o meno le parole per dirlo, sente di essere stata creata per mangiare vero cibo, vivere in una comunità reale, coltivare la vera bellezza, conoscere il vero Spirito, glorificare il vero Dio e godere il vero Salvatore per sempre.

Quindi, se tutto quello che abbiamo descritto sopra sembra un ritorno ai sentieri antichi, più profondi e più veri, è perché in effetti lo è. È un tornare a mettere Gesù al centro della vita: Gesù come Colui che ascolta la nostra confessione e ci perdona; Colui che salva un popolo e lo unisce a Sé stesso; Colui che merita la nostra adorazione e lode esuberante; Colui che ci chiama alla missione e ci abilita con la sua grazia.

Lo Spirito si sta muovendo. La nostra preghiera è che le generazioni più anziane capiscano che questa è una gioiosa chiamata a mettere da parte i loro interessi, preferenze, benessere e tempo per unirsi a questo movimento.


Kyle Richter (MDiv, Covenant Theological Seminary) è uno dei pastori di The Crossing e co-direttore di Veritas, un ministero per gli studenti universitari. Lui e sua moglie, Noelle, hanno tre figli e vivono a Columbia, Missouri.

Patrick Miller (MDiv, Covenant Theological Seminary) è uno dei pastori di The Crossing. Propone commenti culturali e interviste con i più importanti pensatori cristiani nel podcast Truth over Tribe ed è il coautore di Truth over Tribe: Pledging Allegiance to the Lamb, Not the Donkey or the Elephant. È sposato con Emily e ha due figli. Puoi seguirlo su Twitter.

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Dayton Hartman